Spostare a venti anni fa le lancette stilistiche, questo è quanto hanno fatto i Your Tomorrow Alone, band di Salerno che ha pubblicato il debutto “Ordinary Lives”. L’album guarda al gothic e al doom di matrice anglosassone dei primi anni ’90, tuttavia svelando uno stile personale e ben inserito nei pezzi. Come è nata la band e le mosse realizzate per questo inizio ci vengono illustrate dal tastierista Giovanni Costabile.
“Ordinary Lives” è un lavoro ben preciso e che mira ad una certa direzione stilistica. Come e perché nasce l’esigenza di mettere in piedi questa band (esiste da poco) e incidere questo tipo di album?
L’idea di mettere insieme una band stilisticamente vicina al gothic-doom di matrice inglese è sempre stata nella mente di Marco Priore (chitarra solista) ed Eugenio Mucio (growls/chitarra ritmica). Gli Your Tomorrow Alone nascono sostanzialmente dal loro sodalizio, di vecchia data, e dalla loro esigenza di cercare altre persone che potessero dar vita al progetto, e che ne condividessero le coordinate stilistiche. Non è stato un percorso facile, ma la comune intenzione di realizzare “Ordinary Lives”, che ci ha visti impegnati per circa due anni, ha fatto sì che le nostre idee prendessero vita in questo lavoro, esplicazione di ciò che volevamo esprimere e comunicare.
L’album nasce come un lavoro corale oppure ha un suo elemento portante, nella band, per la sua composizione?
La struttura di ogni singolo brano si incentra su dei riff di chitarra composti da Marco, su cui si svolge poi tutto il lavoro di gruppo, dall’arrangiamento all’ampliamento, per finire all’incastro delle linee vocali con l’architettura musicale. Pertanto seppur con un nucleo chitarristico, “Ordinary Lives” è un album senza dubbio corale, di cui abbiamo curato minuziosamente ogni dettaglio.
“Ordinary Lives” è un insieme di influenze, ma siete stati bravi a metterci del vostro. Tuttavia suonate qualcosa che esisteva nei primi anni ’90 e che poi ha totalmente cambiato aspetto. nella musica in genere non si programma niente, però pensi che il vostro futuro possa essere segnato verso le stesse evoluzioni del gothic e del doom? Un po’ come è capitato ai Paradise Lost…
Per noi è sempre stato fondamentale, fin da subito, personalizzare il più possibile il nostro sound. Certamente siamo sempre stati consapevoli, allo stesso tempo, che la musica da noi composta, e che volevamo comporre, richiamava dei canoni del gothic/doom dei primi anni ’90. Scelta che potrebbe sembrare anacronistica, ma che in realtà è stata voluta proprio perché quel tipo di musica è esattamente quello che tutti noi volevamo suonare. Il futuro è impossibile da prevedere, ma le nostre influenze hanno matrici differenti e potrebbero quindi sfociare in direzioni diverse. Ad oggi non c’è nulla di programmato, da parte nostra, in tal senso. Ci sono tante idee, sicuramente molte saranno frutto delle nostre riflessioni e considerazioni su quanto fatto con “Ordinary Lives”, ma ancora di più saranno figlie della nostra intenzione di innovare il nostro sound, e di provare a migliorarci sempre di più, sotto ogni aspetto.
L’album ha un’ottima copertina, mi ha ricordato quelle dei Genesis, ma “Ordinary Lives” offre un’immagine più scomoda e forse più vicina alla realtà odierna.
L’artwork di copertina è un ottimo lavoro di Sergio Monfrinotti (Adhiira Art), che ha saputo tradurre in immagine quello che per noi era il senso di “Ordinary Lives”. La concezione di fondo era quella di esprimere la mendacità della vita, e in generale degli uomini, costretti a dover indossare una maschera sempre diversa a seconda delle situazioni. Una realtà che finisce con l’essere piatta, fine a sé stessa, dove regna la menzogna (da qui anche il gioco di parole con l’assonanza tra “lives” e “lies”). “Ordinary Lives” pertanto vuole dare un messaggio di superamento di questa ordinarietà della vita, di questa abitudine al falso, al compromesso, ormai radicata nella nostra società, cercando di riportare l’attenzione all’elevazione dell’animo umano tramite la genuinità dei sentimenti e dei rapporti con gli altri. Per non rischiare, appunto, di finire col trascorrere il proprio domani in solitudine.
Your Tomorrow Alone è una band salernitana, ha inciso l’album in uno studio di Salerno e con un personaggio di quella scena. Alle spalle c’è una etichetta di Nocera, città vicina a Salerno. Sono tutti elementi geografici che, secondo te, possono favorire la realizzazione di un album e la prosperità di una band?
Per una band esordiente come la nostra è stato senz’altro fondamentale aver potuto registrare in zona, e aver potuto farci notare dalla My Kingdom Music, che già da tempo seguiva con interesse l’evolversi del nostro progetto. E’ stato un punto di forza, che ci ha permesso, in un certo qual modo, di non partire completamente da zero, dal nulla. Chiaramente la realizzazione dell’album non sarebbe stata possibile senza il prezioso lavoro di Fabio Calluori ai Sonic Temple Studios. Spostarci di molti chilometri ci avrebbe creato più di un problema, e probabilmente avrebbe finito con l’impedirci di raggiungere il risultato finale.
A Salerno negli anni si sono viste sempre band nuove e di indirizzi musicali spesso diversi, eppure la nascita di una nuova realtà a volte ha coinciso con l’invecchiamento e la scomparsa di un’altra. Che cosa non da una continuità o un’espansione della realtà musicale di quel luogo?
In ambito prettamente metal, la realtà salernitana non è mai stata molto florida. La colpa, ammesso che di colpa si tratti, è sempre difficile da individuare in questi casi. Io inquadro il fenomeno nella più generale situazione culturale (intesa come approccio verso determinati generi di musica) del nostro paese, e in generale del Sud dell’Italia. Questo impedisce un’espansione, uno scambio e un sostegno costruttivo tra i gruppi, nonostante ci sia stata qualche band di spessore (penso agli Heimdall, in ambito power-metal, o ai Third in ambito nu-metal) che pure ha ottenuto più di un riscontro positivo in passato. A questo si aggiunge la quasi nulla attenzione verso il metal da parte dei gestori dei locali, già pochi e mal distribuiti sul territorio, e spesso la disattenzione del pubblico, anche di quello che pure si professa “seguace” del rock e del metal.
Come vi state muovendo per il futuro immediato, cosa farete?
Attualmente siamo in attesa di pianificare le prossime date. La nostra attività nell’immediato si concentrerà infatti sui live per promuovere “Ordinary Lives” e portare in giro la nostra musica. Ci sono diverse situazioni in stand-by, speriamo di poterle sbloccare il prima possibile e comunicarle tempestivamente a tutti tramite i nostri canali ufficiali (Facebook, MySpace, Youtube). Inoltre sono già in cantiere diverse idee per dei nuovi brani, su cui inizieremo a lavorare a breve. Insomma, non abbiamo intenzione di fermarci, e “Ordinary Lives” è stato soltanto l’inizio.
Ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a questa intervista. Lascio volentieri a te la sua conclusione.
Grazie a te per lo spazio e l’attenzione, saluto tutti i lettori di Metalhead. Doom on!!!
Alberto Vitale