La serata dei Behemoth all’Alcatraz, durante il tour “Ecclesia Diabolica Evropa 2019 E.V.”, è stato un evento poderoso. E mediatico.
Nonostante il locale fosse stato impostato in versione ‘ridotta’ (il palco laterale e non quello principale), era percettibile quel senso di pienone assoluto, poi confermato da un amico arrivato tardi e senza biglietto… il quale mi contatta con un laconico messaggio: ‘non posso entrare, è sold-out’.
I Behemoth sono controversi: nonostante la musica estrema riescono ad essere mainstream, quasi pop, attraendo pubblico che non segue normalmente questo genere, esportando quindi uno stile al di fuori dei suoi rigidi confini. Prima del concerto discutevo con dei colleghi di un’altra testata arrivando alla conclusione che questa collocazione della band è molto particolare, considerato il genere proposto, una collocazione che nella storia del metal e dell’hard rock si è già vista tante volte, per esempio con bands come Metallica, ma anche AC/DC (capaci di portare un rock sfacciato e degenerato agli occhi e alle orecchie di chiunque) e, nell’ambito estremo, con i Dimmu Borgir dell’epoca d’oro. Ma i Metallica fecero un album con canzoni mirate (ricordo che nel giugno del 1993, allo stadio delle Alpi di Torino, gran parte del pubblico non appartenente alla cerchia heavy metal era presente al concerto solo per sentire “And Nothing Else Matters” dal vivo…), gli AC/DC hanno fatto per decenni la stessa roba indubbiamente irresistibile, i Dimmu Borgir offrivano black ‘addolcito’ da immense orchestrazioni… ma i Behemoth… i Behemoth no. Non hanno canzoni che piacciono alla fidanzatina bellina e tutta elegante del metallaro più devastato, non hanno ballads strappa lacrime, non cantano di cose sensuali con quella attraente depravazione del saturday night fever.
No.
I Behemoth sono una band che inneggia all’oscuro, che offende le religioni, una band che musicalmente non offre respiro, non rallenta mai, sferzando l’udito del pubblico con brani teatrali ma assolutamente feroci.
Per questa ragione il loro esportare quel blackned death metal al di fuori della rigida cerchia dei fedeli è quanto mai geniale, sicuramente orientato al marketing, ma è indubbio che l’idea funziona, funziona bene ed il sold-out della data Italiana non sarebbe stato possibile con altre realtà simili, per quanto buone, valide e musicalmente efficaci.
Un’altra cosa interessante della serata è stato decisamente il bill, un bill che ho trovato strano, originale e maledettamente azzeccato, in quanto sul palco si sono esibite tre bands molto diverse, appartenenti a generi musicali molto diversi… dando vita ad una trinità dissacrante di proposte della musica estrema di oggi… ma anche di ‘ieri’.
In apertura l’oscurità lacerante del black metal degli americani Wolves in the Throne Room: scenario tetro, luci basse e malignamente rosse per una performance pregna di malvagità arricchita dalle loro impostazioni atmosferiche coinvolgenti. Peccato che l’invadente attrezzatura delle altre band in quel palco ridotto abbia svalutato una esibizione altrimenti ricca di emozione.
Dopo di loro e prima degli headliners i ‘redivivi’ At The Gates! Parliamoci chiaro, gli svedesi non hanno nulla a che fare con il sound degli opener e tanto meno con quello dei Behemoth! Stiamo parlando dei veterani del death metal melodico dell’ovest della Svezia, sicuramente pionieri del genere, tanto che rivederli dal vivo -oggi- è impossibile non notare un legame ancora esistente a sonorità thrash, un legame che testimonia l’evoluzione che poi ha portato agli immancabili riff melodici e decadenti tipici di un genere che ha fatto la storia e la gloria di altre realtà di Göteborg, come i Dark Tranquillity e gli In Flames. Il loro spettacolo si è rivelato molto coinvolgente con una partecipazione intensa di un pubblico coinvolto ed eccitato, sempre stimolato da un Tomas Lindberg in ottima forma.
I Behemoth non si ripetono mai. Ogni loro concerto è una novità, con idee sceniche diverse, costumi che cambiano ed un Nergal perfettamente al corrente del suo intenso carisma il quale gli permette di dominare il pubblico in maniera totale. Il loro concerto è superlativo, con una scenografia (fumo e luci) perfetta e Nergal che ricorda a tutti il suo status di rockstar! Un marketing geniale che non svende la band collocandola su livelli pop, quei livelli spesso additati come ‘tradimento’ dai puristi delle sonorità estreme. Nergal è un artista geniale ed un business man intelligente: gestisce e crea un prodotto estremo, il quale rifiuta di addolcirsi e non vuole assolutamente adattarsi al pubblico… imponendosi su quest’ultimo con prepotenza e palese successo.
I Behemoth non cercano di compiacere gli spettatori. I Behemoth impongono il loro stile, esigono attenzione, prendono il controllo della scena e ne escono decisamente vincenti!
(Luca Zakk)