Riproviamoci. Lo scorso febbraio andai a Bergen, in Norvegia, per un fest.
Ma il fest non ci fu (ve ne parlai qui, qui e qui).
Quindi, senza segno di arresa, l’idea era di riprovarci, ad agosto, un altro fest, nella stessa città, stessa venue… e “quasi” lo stesso clima (ok, stavolta non c’era la neve).
Bergen ci accoglie tranquilla. I voli dall’Italia alla fine ti scaricano in centro città verso mezzanotte. Aria fresca, gente in giro festosa (era un mercoledì…), il Fløyen con la terrazza panoramica illuminata che da lassù guarda verso il centro, il porto, il fiordo, la quiete di una città a portata di persona, evoluta, tecnologica ma estremamente tradizionale.
La signora del B&B (di fatto una intera casa antichissima in centro storico…) ci aspetta nella viuzza per darci le chiavi e le spiegazioni. Poi lei se ne sarebbe andata in un cottage nel bosco per vari giorni… offrendo subito fiducia verso sconosciuti inquilini che se ne sarebbero andati prima del suo rientro in città.
Ma tutto attorno c’è Bergen. Sento le pulsazioni. Bergen è immersa in una specie di magia, un cuore che batte.
L’indomani è -ovviamente- piovoso. Ma un giretto in centro, tra quelle viuzze attraenti è obbligatorio… chi non vorrebbe una passeggiata in giro per il centro storico di un paese pieno di trolls, vichinghi, architettura nordica … e turisti sparsi a casaccio? Dopo tutto è un pomeriggio d’estate… di quelli dove la felpa (col cappuccio) non può mancare.
Giovedì. Giorno 1 del Beyond The Gates.
Arriviamo all’USF (stessa location del concerto che vidi a Febbraio), ma questa voltà c’è la luce del giorno (a fine agosto il tramonto a Bergen è dopo le 22, quando in Italia è già poco dopo le 20). Arriviamo presto, orario apertura cancelli. Una birra. Gente che va, gente che viene. Il bar laterale dell’USF è pieno di personaggi di tutti i tipi. L’esterno del locale con le panche ricavate da bancali è un toccasana per poggiare sedere ed attrezzatura. E poi ammirare il tramonto.
Bene… ci siamo… vediamo com’è questo Beyond the Gates… Puntualmente, all’ora della prima band del primo giorno…
Un momento.
Chi mi legge -e non ha nulla di meglio da fare- sa benissimo che non racconto dettagliatamente i concerti, a causa di questo mio estremismo secondo il quale “se non c’eravate, sono cazzi vostri… che diavolo potrei mai raccontarvi?”.
Quindi sono altre le cose alle quali mi interessa dare risalto. E non saranno prive di polemica.
C’è questo festival che dura 3 giorni. Al coperto (quindi nessuna scusa meteo). 5-6 bands per giornata. Internazionali e di spicco (gli headliners erano Master’s Hammer, Mayhem ed Enslaved… si, esatto “sti cazzi!”).
Di solito a questi eventi nel nostro paese, chi arriva presto trova la venue vuota, trova spazio per muoversi, poi man mano che si avanza con il bill, la gente arriva (prima non potevano, erano impegnati, lontani, a pranzo, pennichella, trombavano, erano al lavoro… insomma tutte quelle cose che caratterizzano la nostra impegnatissima vita peninsulare). Con gli headliners di solito è pieno (quando c’è gente, altrimenti c’è solo “un po’ più di gente”). E magari poco prima dell’encore si notano già quelli che se ne vanno “per non fare la fila all’uscita” (….non mi esprimo su questa pessima abitudine, ma cito l’hashtag ricorrente di un amico: #forzaasteroide).
Beyond The Gates, prima band, primo giorno: BANG! Pieno zeppo.
La differenza tra gli openers e gli headliners è sostanzialmente un crescendo che parte dal pieno per arrivare al “cazzo non ci stiamo, ma se ci schiacciamo ce ne stanno anche altri”.
Ma andiamo avanti: nessuno si lamenta. Tutti felici. La birra più economica costa 8 euro e alla terza band del primo giorno c’è già gente sbronza. Poi c’era il mio biondissimo amico svedese, del quale ignoro il nome, che è rimasto sbronzo da prima dell’apertura dei cancelli del primo giorno, fino a dopo la fine del festival (poi ne ho perso le tracce, forse è ancora sbronzo)… e -attenzione- non si è perso nessuna band del bill.
…Dalle nostre parti, invece, di solito ci si lamenta che la birra dovrebbe costare 3 quando costa 4, o che dovrebbe costare 4 se costa 5… che a un fest bisogna avere la birra d’abbazia non filtrata portata di persona dai monaci che la producono… quando il service offre solo una onesta Pils di marca comune, o che ci dovrebbe essere la Peroni più economica quando la scelta è di quelle che fanno impallidire una birreria tedesca nel centro di Monaco.
I Whoredom Rife fanno subito capire che qui non si scherza. È un fest di musica estrema e loro sverginano le orecchie del pubblico senza pietà alcuna.
I Cult Of Fire sono divini. Si, sono di parte, io li adoro. Non li avevo mai visti dal vivo. Hanno fatto i pezzi che io volevo facessero. E durante il loro gig ho abbandonato la birra a favore del vino rosso, tradizione che poi ho mantenuto fino alla fine del festival al terzo giorno (il calice di vino costava più della birra, ndr). La loro entrata in scena, poi, con la coreografia immensa che si portano dietro è stata esaltata dal fatto che questa location prevede il sipario tra una band e l’altra, occultando completamente i preparativi scenici ed offrendo al pubblico direttamente il risultato finale, con una violenza visuale inaudita, specie nel caso dei Cult of Fire!
I Dark Sonority sono pura esaltazione dell’occulto. I Mgła, che avevo visto un mese prima al Colony Open Air, sono entrati di prepotenza tra le bands che più amo e l’unica definizione che ho per il loro show è… erotico!
Poi i Master’s Hammer. Stiamo parlando di alta scuola. Stiamo parlando di chi ha -forse- veramente contribuito a creare il black metal, prima del black metal. Il loro show è stato efficace, maledettamente old-school (quasi troppo), con un palco dominato dalle due bestie di satana nude e dagli enormi timpani che supportavano con indole rituale il drumming selvaggio e la voce acida di un Franta Štorm sotto il suo immancabile cappello, un Franta Štorm irriverente ma riconoscente verso il pubblico.
Dopo il concerto il fiume di esseri umani migra dall’USF al Garage. Ovviamente. Non ho mai capito come cazzo sia possibile, come ci possa stare la gente che c’era all’USF dentro il pub più metal del mondo, ma sicuramente non capiente. Ma tant’è…
Poi nella ressa del bancone, mi trovo ad ordinare alcol in anglo-spagnolo… visto che ero spalla contro spalla con Ødemark, voce dei 3rd Attempt… Gli strani incontri di Bergen by night.
Venerdì. Giorno 2 del Beyond The Gates.Immancabile visita alla Fantoft Stave Church. Versione estiva, con accesso all’interno (a febbraio era chiusa). Domande profonde: da dentro brucerà meglio? Tra l’altro c’era pure il sole… quindi nessuna pioggia arruolata dai vicini pompieri! Divagazioni da blacksters perduto.
Dopo la rituale meta satan-turistica torniamo rapidamente in città in quanto c’è questo appuntamento in un posto speciale, proprio dietro al Garage: Il quartier generale della Dark Essence Records!
Avevo un’invito di Bjørnar dei Vulture Industries. Poi rinnovato da Martin, uno dei responsabili dell’etichetta (E del fest!). Era un pomeriggio un po’ particolare. C’era un party (pizza e birra, gratis… e la birra gratis in Norvegia è un po’ come avere la benzina 100 ottani a 50 centesimi/litro in Italia…). E una listening session del nuovo album dei 3rd Attempt, ovvero la band degli ex-Carpathian Forest, Tchort e Blood Pervertor. L’album -rispetto al debutto- è più oscuro, ricco di groove, intenso… si percepisce maturità artistica, un album che è frutto di una stabile unione dei musicisti coinvolti: preparatevi… sarà una release devastante. Rido e scherzo con i due chitarristi, con Bjørnar (rievocando un locale microscopico dove suonarono qui in Italia dieci anni fa… una serata un po’ troppo alcolica…). Divento un po’ più serio commentando le canzoni dei 3rd Attempt con il collega Dayal Patterson (leggete i suoi libri, va, vi può servire…). Ma perdo il controllo quando si innesca il secondo evento nell’evento, ovvero l’anteprima del video di “Stranger Times” dei Vulture Industries (QUI! GUARDATELO!!!). Uno dei presenti (Kadaver degli Istårn) spegne accidentalmente la luce nella stanza… e ci rendiamo conto che l’effetto cinematografico accresce il suo valore… tanto che nessuno gradisce il ritorno dell’illuminazione.
Ci trasciniamo verso “casa”. Dovevamo riprenderci. La scorta di birre alla Dark Essence era TROPPA, ed dopo un’ora sarebbe iniziato il turno lavorativo, ovvero il secondo giorno del fest.
Fieri e quasi non più brilli arriviamo all’USF. Incrocio e saluto Dayal… “hey man, long time no see…” (ovvero “ciao, tanto tempo che non ci si vede!”…ricordatevi che c’era pure lui in Dark Essence un’ora prima…).
Il Venerdì era il giorno delle tenebre. Luci rosse inferno, blu perversione. O buio. Gli islandesi Misþyrming portano sul palco dell’USF una selezione di pugnali e lame. I Negative Plane ne curano la pulizia. Il sangue risalta meravigliosamente quando macchia una lama lucente. I The Ruins Of Beverast affilano con cura, ogni dannata lama deve essere estremamente tagliente… anche perché i Vemod ed i Revenge vengono incaricati di offrire, con devozione, le armi agli headliners, i Mayhem, i quali non hanno fatto prigionieri.
Giorno 3 del Beyond The Gates.
Sole stupendo. C’è una nave che salpa e ti porta in giro per i fiordi. Mare, imbarcazione, sole. Stupendo. Peccato che con il vento la temperatura fosse più o meno glaciale. Ma rivedere il fiordo dal mare con i colori dell’estate artica, dopo essermelo goduto nell’inverno… è stato per me una specie di completamento spirituale. La chiusura di un cerchio. Una gamma di risposte ad una più ampia gamma di domande.
Arriviamo all’USF. Nei due giorni precedenti c’erano personaggi noti in veste non ufficiale tra il pubblico (ad esempio Hoest dei Taake)… e mentre siamo fuori all’aria aperta, ammirando il tramonto sul fiordo, arriva un’altra tetra nota entità; l’entità si ferma, mi saluta, scambia due chiacchiere tranquille nonostante l’orda di fans in avvicinamento. Ma Gaahl è un gentiluomo… e non nega mai una parola, una stretta di mano o una foto. A NESSUNO.
Il Beyond The Gates è organizzato alla perfezione. Orari. Spazi. L’area merchandising (con bar dedicato) è più grande di molte venue in giro per il mondo. L’esterno è suggestivo. L’area concerto vanta due bar, uno a 3 metri dal palco, l’altro molto più grande e accessibile. Tutto è perfetto. I bagni sono sempre puliti, dall’inizio alla fine della serata. Se una band deve iniziare alle ore 20:00, il ritardo massimo è di due minuti. Ma anche in Norvegia le cose si incasinano all’ultimo minuto. Anzi, è negli USA che si incasinano!
Il secondo slot del terzo giorno avrebbe dovuto appartenere ai Sumerlands, dagli Stati Uniti per l’appunto… ma un volo cancellato ha spostato gli opener Black Magic alla seconda posizione del bill… con i Sahg, chiamati all’ultimo minuto, incaricati di apparire per primi all’apertura del sipario.
Assisto a centinaia di concerti. Ci sono bands che mi esaltano e che immancabilmente mi fanno uscire di testa (Therion, Nocturnal Depression… tanto per citarne un paio). Per il resto sono un tipo analitico, guardo uno spettacolo con occhio cinico, cercando cose speciali, anche gli errori, traendo ispirazione per scrivere stronzate come quelle che state leggendo. Ma i Sahg mi hanno travolto. Scatenato. La loro musica è ottima su CD, ma dal vivo è qualcosa che si avvicina alla pura devastazione: gli spettatori del Beyond The Gates erano caldi, ma dopo il gig dei Sahg erano in fiamme! Salto indietro di qualche decennio con i Black Magic. In linea poi con il tema più “old-school” della serata (in contrapposizione con le tenebre del giorno prima e il black rituale del primo giorno). Gli Exciter sono travolgenti e spietati… forse la band che più genera fiumi di sudore, sia sul palco che tra il pubblico. Intensi e veramente coinvolgenti i Denner-Shermann mentre gli Enslaved impegnati nell’esecuzione integrale del loro album di debutto “Vikingligr veldi” hanno chiuso l’evento con potenza, intensità e… gloria!
La serata finisce. L’uscita dall’USF è ordinata e veloce (non serviva uscire 2 canzoni prima…). Il pubblico si disperde. Saluto Warren, un tizio che è venuto dagli USA per vedere il festival (ma c’era gente un po’ da tutto il mondo, Australia e America Latina comprese). Saluto i ragazzi dell’organizzazione. Saluto Dayal. Si punta tutti al Garage.
Il Garage è un buco, un buco a due piani: l’interrato dove si suona, e sopra… il locale normale (che vedete nel video dei Vulture Industries!). Sopra era inaccessibile. O meglio, si poteva entrare ma era quasi impossibile arrivare al bancone per ordinare da bere. In qualche modo scendiamo al piano di sotto. Gremito, zeppo, ma si riesce ad ordinare da bere. Ci sediamo. Si aggiunge gente a caso, si aggiunge Kadaver che ci regala due CD. Si aggiunge un altro fotografo accreditato all’USF con il quale avevamo appena finito di lavorare, e questa volta al bancone sono spalla contro spalla con Tchort. Il resto della serata non ve lo racconto, non vi interessa… e poi non me lo ricordo. So solo che era un caleidoscopio di figure oscure, vichinghi, bestie sataniche, animali vari, orsi polari, lupi delle foreste (al lupo! al lupo!)… tutti completamente ubriachi. It’s only rock’n’roll, baby!
Giorno Bonus.
Bergen è piccola. Ma offre molto. Un giorno extra post-festival è necessario per godersela, anche per non dover scappare in fretta dopo una nottata feroce. E per riprendersi.
A Febbraio feci trekking sul Fløyen. Percorsi innevati. Laghi ghiacciati. Era obbligatorio ripetere l’avventura con il paesaggio estivo, verde, umido e ventoso. Si parte da casa e dopo poche centinaia di metri, puntando verso la Fløibanen… ci si rende conto che la città, la musica, i personaggi sono un tutt’uno fantastico. Non c’è il ruolo rock star diviso da quello del pubblico… ma è tutta una specie di famiglia (la sera precedente, un paio d’ore prima del concerto avevo notato Grutle Kjellson degli Enslaved seduto fuori dall’USF che chiacchierava in maniera allegra e rilassata con mezza dozzina di fans).
E a Bergen si fanno incontri particolari!
Primo incontro: quel tipo di incontri che mai farai a Milano, Roma, Firenze o Verona… Franta Štorm che andava in giro per la città per i cazzi suoi. E si, indossava il cappello. Secondo incontro: Il trekking sul Fløyen è stato faticoso per una deviazione concepita dalla mia mente avventurosa (molto fango insomma)… ed in prossimità di una pendenza, mentre noi salivamo… chi incrociamo provenendo dalla direzione opposta? I Sahg (mancava solo il frontman, ma erano vestiti quasi come sul palco, con in aggiunta zaini e scarponi), impegnatissimi nell’esplorazione delle stupende alture che dominano Bergen.
Ora, provate ad immaginare: il giorno dopo un concerto a Milano o Torino, mentre andate a passeggio tra le alpi e prealpi in cerca di funghi… o passeggiate giù in centro cercando un tabacchino aperto… così… per normale casualità incrociate Steve Sylvester che si fa i cazzi suoi, e poi Mille Petrozza che va spasso e anche Tom Angelripper che vi chiede informazioni. Cose di tutti i giorni, no? Ovviamente si tratta della gente che poi incontri nuovamente -quasi regolarmente- al pub, la sera, per l’ultima strisciata di una carta di credito abusata, torturata, violentata a colpi di pinte di birra o alcolici vari.
Una città che con la sua arte, la sua cultura, la sua gente e i suoi ospiti risulta luminosa. Brillante. Sia nei corti giorni invernali che nei piovosi giorni estivi.
Non sono l’unico a pensarlo: qui c’è qualcosa di speciale.
Ed un Fest come il Beyond The Gates, un fest di alto livello in un contesto già elettrizzante è qualcosa di esagerato. Unico. Lo dice anche Sean Peck, front man dei Denner/Shermann: “…the blackest most evil metal festival on Earth”
Special hails & black thanks to:
Barbara Francone
Martin “what about that beer I owe ya?” Kvam
Bjørnar Erevik “tacu-tacu” Nilsen
Dayal Patterson
Monica “Luna” Furiani.
Each one for a different very personal reason.
(Luca Zakk)