Pazzesco. È trascorso un altro anno. Un’altra completa sequenza di quell’illusoriamente eterno scorrere delle stagioni. Rieccoci qui… un’altra edizione, ancora una volta l’organizzazione si inventa un qualcosa di immenso, dando vita all’ennesima edizione di un fest tanto grande quando intimo, dove i fans sono più un’invasione di amici che un noioso flusso di semplici avventori.

Anche questa volta la formula non cambia: le due venue principali, più i vari altri locali per una piccola galassia di eventi minori, un esercito di gente vestita di nero, quasi a nascondere l’accecante luce tetra della loro anima, del loro cuore, delle loro passioni. Una cacofonia di lingue diverse tra loro che si intrecciano, si interpretano, si comprendono, si inseguono, innalzando all’ennesima potenza il concetto di amicizia, di fratellanza, di condivisione di una stessa grandiosa visione di questa fugace vita, esorcizzando con questo genere musicale ogni male, ogni destino, ogni definitivo tramonto.

Tutto questo festival è ormai un’unica dimensione: fans, organizzatori, giornalisti, fotografi, addetti, artisti… non c’è una vera suddivisione, perché il musicista noto può essere visto sorseggiare un drink con un partecipante qualunque, oppure l’addetto alla sicurezza può essere visto rilassarsi dieci minuti con la fotografa che poco prima combatteva nel pit per catturare quelle immagini che poi diventano, più delle parole, la vera testimonianza di questi eventi, di queste quattro giornate pazzesche.

Resta totalmente impossibile non lasciarsi trascinare: la potenza di fuoco di ogni band è pazzesca… ed ecco quindi un devastante mosh pit con i Satyricon in contrasto con l’estasi durante l’esecuzione di “Phoenix” con voce femminile e coreografia che prevede una ballerina; la seconda serata dei Satyricon, poi, è stata a dir poco esplosiva… la perfetta celebrazione del black metal, che -come dice Satyr- non è solo face painting e musica veloce… è una sensazione, è una percezione. Oscure donne bellissime che danzano sensualmente al ritmo forsennato dei Darkspace o alle divagazioni cosmiche dei Vemod, coppie giovani ed innamoratissime, pronte per camminare verso il loro futuro, che si baciano appassionatamente mentre i Mayhem devastano l’etere sulle note demoniache e forsennate di “De Mysteriis Dom Sathanas”. La magia psichedelica dei Trelldom che arrivano a livelli jazz-psichedelici incredibili. Gli Enslaved che suonano ancora una volta “Frost” in questo festival (già lo fecero qualche edizione fa)… tanto che l’ironia devastante di Grutle Kjellson non può non farmi sorridere proprio quando evidenzia il fatto (‘Come avrete intuito suoneremo ancora Frost’, cit)… prima di lasciarsi andare ad un’esecuzione a dir poco monumentale.

Inossidabili i polacchi Behemoth i quali sono riusciti -come sempre- a scatenare la furia cieca del Signore che siede in quel trono giù negli abissi… mentre sono stati semplicemente grandiosi i Death SS, capaci di portare quassù la loro arte unica, l’arte del Maestro Steve Sylvester, il metal italiano sputato in faccia al pubblico con un concerto esplosivo, fuori dal comune, aggressivo, ricco di classici ormai appartenenti al regno dove siede e impera il sopra citato Signore; da loro connazionale ho trovato bello vedere un sacco di gente da tutto il mondo indossare la loro t-shirt in giro per la città o agli altri concerti, all’indomani dell’esibizione! Grandi!

Zero pietà con i violentissimi Whoredom Rife, la potenza deflagrante dei Manbryne, il sangue marcio dei Watain, dichiaratamente venuti per togliere la luce dalle nostre menti… cosa poi spinta oltre dai Djevel, i quali la luce l’hanno negata per davvero. L’heavy metal super classico, radice di ogni genere estremo dei Portrait è una iniezione di energia, un inno alla sete di birra, di festa, di gloria… un heavy metal che Venom e l’immortale Cronos hanno contribuito a spingere oltre, dentro le tenebre, verso gli inferi… inferi che bands radicali come gli Aura Noir continuano a esaltare con disumana e ribelle violenza. I Vreid con la loro tradizione del Sogndal, la quale sarà sempre nel nome dei Windir, fino al definitivo tributo a quella del metal estremo offerto dal concerto ‘Bathory Tribute’, con ben 17 artisti in rotazione sul palco (Gaahl, Erik dei Watain, gente degli Enslaved, Frederick Melander -il bassista originale della band- e molti altri) impegnati in classici di questa band seminale, ricordando il leggendario Quorthon, a vent’anni dalla sua scomparsa.

Infine ci sono io, che provo a raccontarvi queste emozioni… anche se non credo sia veramente possibile. I Cult of Fire mi hanno mandato in estasi, con uno dei concerti più belli che probabilmente hanno dato… cosa poi replicata con i psichedelici Darkspace ed i favolosi quanto assurdi Dødheimsgard… il miglior spettacolo in assoluto secondo l’umile opinione di chi scrive. Ma c’è dell’altro: Beyond the Gates e Bergen sono una cosa sola. Non ci sono solo i concerti. Non c’è solo la città, non c’è solo la galleria d’arte di Gaahl in centro storico… c’è anche la natura, quella natura che volente o nolente è componente primaria dell’immaginario del black metal fuoriuscito da queste latitudini per infettare l’intero pianeta. Ed eccomi allora impossibilitato a resistere all’attrazione magnetica delle montagne locali, esattamente come succede con le mie native Dolomiti. Ma mi rendo subito conto che non sono l’unico…. non sono il solo che unisce musica, tenebre e la magia della natura selvaggia, in quanto sulle vette qui attorno molti partecipanti al festival si lasciano andare lungo i favolosi sentieri per ammirare la meraviglia del panorama offerto dal mare e dai fiordi. E scendendo dalle montagne, guardando le navi che lasciano il porto verso chissà quali mete, si percepisce l’energia pulsante della città, della sua vita notturna, arrivando dentro la dissolutezza del party dopo il fest, con centinaia di persone incastrate dentro il pub Stereo (ex Garage): ci sono gli Enslaved, ubriachi, mezzi Satyricon (ubriachi), Gaahl (ubriaco)… gente della scena, delle case discografiche, organizzatori di altri fest… tutti in modalità party, tutti allegri, tutti ubriachi grazie ai fiumi di costoso alcol che scorrono impetuosi.

Arrivederci. È passato tutto troppo in fretta… e non sai mai se ci sarai la prossima volta. Diavolo, manca un anno, cosa succederà tra un anno? I saluti, gli abbracci, i baci, le strette di mano… ci si dà appuntamento qui, di nuovo, tra un anno, dopo un altro stanco giro di questo incasinato pianeta attorno alla nostra cara stella morente; ma non lo sappiamo per davvero, non sappiamo nemmeno cosa succederà domani, come possiamo mai sapere dove saremo tra un anno? Tutto può accadere, dopotutto la vita è una montagna russa pazzesca… ma questa vita è anche una bellissima donna, altezzosa, misteriosa, attraente: è impossibile resistere al suo sorriso provocante, al suo sguardo magnetico… ed è quello che mi attira -che ci attira- nuovamente tra questi fiordi, tra queste strade, tra queste montagne, respirando il sulfureo profumo di questa scena, di questa musica, di queste luminose tenebre. Nel frattempo il Beyond the Gates 2025 è stato annunciato. Efficenza nordica: evidentemente qui sanno già benissimo cosa succederà tra dodici mesi!

(Luca Zakk)

Esibizioni:

Giorno 1

USF:

  • Whoredom Rife
  • Manbryne
  • Watain
  • Black Anvil
  • Mayhem
  • Trelldom

Giorno 2

USF:

  • Cult Of Fire
  • Portrait
  • Venom
  • Darkspace
  • Behemoth
  • Death SS

Kulturhuset:

  • Bad Omen
  • Doombringer
  • Ritual Death
  • Akhlys
  • Old Tower

Giorno 3

Grieghallen:

  • Dødheimsgard
  • Djevel
  • Enslaved
  • Satyricon

Kulturhuset:

  • Fyr
  • Syn
  • Owl Woods Graves
  • Aura Noir

Giorno 4

Grieghallen:

  • Vemod
  • Vreid
  • Satyricon
  • Bathory Tribute

Kulturhuset:

  • Slaughterhead
  • Astronautist