Undicesima edizione. In una scena spesso in crisi, con troppa offerta scarsamente supportata dal pubblico, oppure con una offerta troppo scontata ed ovvia assurdamente sempre in sold-out, ci sono oscure chicche di depravazione sonora che ritagliano il loro spazio con prepotenza irriverente.
Il Black Winter Fest è un evento ormai itinerante. Nella sua storia ha cambiato varie location (tra questi, Carlito’s Way, Rock’n’Roll Arena e Circolo Colony) e quest’anno giunge per la prima volta a Parma, presso il Campus Music Industry. È innegabile, quindi, che il Black Winter Fest ormai si colloca ben al di sopra della location che lo ospita, essendo una entità indipendente che si materializza una volta all’anno da qualche parte nel nord Italia, dando vita ad almeno dodici ore di meraviglioso marciume sonoro, attirando centinaia di fans i quali giungono costantemente anche dalle nazioni limitrofe.
Se l’edizione del 2017 è stata in qualche modo celebrativa (report qui), offrendo al pubblico una sintesi dei nomi più grossi delle passate nove edizioni, l’inizio della seconda decade di massacro oscuro ha messo subito in chiaro una cosa: il Black Winter Fest non è un festival commerciale con qualche nome famoso che alimenta la vendita dei biglietti! Il Black Winter Fest è una nicchia di oscurità impenetrabile dove la crème de la crème dell’offerta artistica estrema internazionale viene proposta ad un folto e tetro pubblico di fedelissimi!
Il bill del 2018 si preannunciava letale: due promesse italiane (Afraid of Destiny e Scuorn) in apertura ad una carrellata di ben nove gruppi stranieri, i quali hanno contribuito a rendere questa edizione del fest un’orgia di devozione all’oscuro, al malvagio, al rito dissacrante, occulto e proibito!
ATTIC: il loro power metal occulto è fantastico. Confermano ciò che vidi a Bergen lo scorso agosto: La voce del front man è lontana dal black, ma per i cultori delle arti proibite, per gli amanti delle origini (in questo caso King Diamond), questa band tedesca si rivela perfetta… ed il loro dissacrante allestimento scenografico prepara per l’estremo che segue.
SOJOURNER: una band particolarmente oscura. Il growl poderoso del front man affiancato alla voce angelica della chitarrista crea uno scenario i confini del symphonic black, pur rimanendo lontano da quello specifico genere, risultando assolutamente taglienti e a tratti molto brutali.
ANTIMATERIA: con ben poco celato, lì dietro, un batterista enorme, un brutto ceffo che non vuoi incontrare da solo di notte in un vicolo, gli AntimateriA lacerano il Campus con un black dominato da mid tempo cadenzati e coronato da linee vocali agghiaccianti. I finlandesi sotto i cappucci neri esaltano l’odio, con un’indole dissacrante e pregna di malvagità. Peccato un problema tecnico che ha un po’ ridotto il set, ma l’efficacia della loro musica è stata indiscutibile in questa loro prima volta sul nostro territorio.
SAOR: il punto di contatto tra metal pesante e brutale, con divagazioni ritmiche folk supportate dal violino, suonato da un vero violinista molto presente sul palco. La band scozzese si colloca tra l’istigazione all’headbanging brutale ed l’atteggiamento glorioso e tradizionale! La musica delle loro radici rivista in un contesto di metal spietato!
ACHERONTAS: le fiamme bruciano fervide sui candelabri dislocati sul palco. I greci sono dissacranti con il loro black intenso, travolgente, irrequieto. Una esaltazione rosso sangue di sensazioni deliziosamente occulte.
VALKYRJA: pura oscurità totale. Odio, violenza ed imprecazioni dalla Svezia. I peggiori sentimenti umani espressi in musica. Un set oscuro, ben poco illuminato e farcito da una deviazione dissacrante. Una di quelle band che confermano -come fanno gli headliners- il concetto secondo il quale il black più malefico non proviene solo ed esclusivamente dalla Norvegia!
ARCHGOAT: brutali e senza pietà. Ma anche dannatamente coinvolgenti! Il pubblico si esalta e scatena fin dalla prima canzone dando vita ad un mosh dance spietato, mettendo a dura prova il lavoro degli addetti alla sicurezza. I mid tempo letali si alternano a melodia ricercata e grugniti disumani elargiti su riff di una velocità irrispettosa.
TJUDER: ecco, loro sono pvro Black Metal! Black Metal di altri tempi. L’essenza più marcia della musica del nord. La band è in perfetta forma con una line up ormai storica. Sintesi di vero ed originale Black Metal indubbiamente Norvegese! Se poi consideriamo che la data celebrava il loro ritorno in Italia dopo ben sette anni, potete immaginare il putiferio che si è scatenato durante il loro concerto!
MARDUK: ormai frequenti invasori del territorio Italiano, questi storici svedesi sono una assoluta garanzia. Oltraggiosi come sempre. Sorprendentemente molto comunicativi con il pubblico, specie nell’incitazione iniziale quando Mortuus ha manifestato in maniera divertente il disappunto per il feedback non sufficientemente potente all’attacco di Panzer Division Marduk… oppure quando ha esordito in blasfeme imprecazioni in un italiano quasi perfetto… comunque perfettamente chiaro! Una band che funziona alla grande, confermando ancora una volta l’energia irrefrenabile che sa manifestare dal vivo.
Il Black Winter Fest è una specie di miracolo unico, una mosca bianca in uno scenario privo di luce. Non si tratta di un fest famoso, non abbiamo a che fare con un fest pubblicizzato. Non ci sono teatrali annunci di partecipazione delle bands. Non ci sono dietro le migliore agenzie di advertising e promotion mediatico. Non c’è una App per seguire ogni più insignificante notizia, e credo nemmeno un sito web: solo una pagina facebook che sostanzialmente riporta solo le informazioni su location, hotel, servizi offerti ed orari.
Il Black Winter Fest è un fest maledettamente underground, che ha cambiato location a meno di due mesi dalla data ufficiale. È un fest organizzato da gente (per esempio quelli della Nihil Promotion!) che non si mette in mostra e non proclama la propria superiorità con comunicati, immagini, pubblicità ed interviste pompose.
Il Black Winter Fest si colloca sotto. Nel profondo. Sommerso nella pura passione. Un grosso lavoro organizzativo e di booking. Una semplice locandina (sempre rigorosamente nera).
E mai meno di 500 persone che si presentano ai cancelli di ogni dannata edizione, godendo di musica, devastandosi, divertendosi e promettendo di tornare alla prossima edizione.
Se il Black Metal ha un suo significato che va oltre la musica, l’organizzazione del Black Winter Fest ne è il guardasigilli, l’evento internazionale che più esalta questi concetti.
Un massacro inaudito. Musica estrema senza sosta. Il viaggio ed il fest mi hanno tenuto sveglio per oltre 22 ore, mettendo a dura prova la mia resistenza fisica. Ma ne è valsa la pensa! Ne è valsa fottutamente la pena!
Hey, voi del Black Winter Fest: siete pazzeschi!
Hail Black Winter Fest!!!
(Luca Zakk)