Thomas Vikstrom e Metalhead

Sono reduce da qualche concertino interessante. Parliamoci chiaro, recensire un concerto non serve ad un cazzo di niente. Se la band che ti piace passa per il tuo paese, per suonare una o due date, non ci sono scusanti. O ci vai, o non ci vai. Se non ci vai, qualsiasi sia la ragione, ti sei perso qualcosa di irripetibile. Di unico. Certo: ti puoi masturbare guardando i video registrati con i telefonini su youtube. Oppure puoi drogarti con bellissime foto di qualche fotografo accreditato, solitamente munito di macchina fotografica con un obiettivo che sembra la deformazione di un dio antico rappresentante la virilità, moderna manifestazione di simboli fallici. La mia fotocamera super-compatta, indistruttibile, a prova di acqua e bombe, mi fa vergognare un po’. Non ha nulla di fallico.
Infine, se ti sei perso il concerto, puoi cercare la set list online, e riprodurti in sequenza le canzoni tratte dai cd o, peggio, dagli MP3 (vi sfido a farlo con i vinili!!)
Patetico.
Hey! Ma ci sono delle regole! Delle leggi!
Se uno si ritiene metallaro, in qualche modo. Se uno ascolta certi gruppi. Se uno è devoto ad una certa musica. E se capita che certe band sono in tour, nel 2012, anno di questa tanto attesa fine del mondo, allora si può perdere quel certo concerto?
No! non lo puoi perdere! La musica è dal vivo. Il resto si chiama riproduzione. Il primo passo verso qualcosa di meno vero, meno sincero.
Al concerto non puoi certo mancare. Nemmeno se stai per morire. Nel caso ti fai di morfina, due botte di adrenalina in vena, un po’ di defibrillatore, e ti vai a vedere il concerto, cercando di non morire prima dell’encore.
C’è gente che smette di ascoltare musica quando mette su famiglia. Dimentica i concerti, l’abbigliamento, lo spirito del divertimento. Poi quando gli parli assieme, magari ad una festa, patetica, di addio al celibato, sembrano rimpiangere certi tempi, e ti parlano di album dimenticati, come se fossero l’ultima edizione.
“Io nel 1992 vidi i metallica”. Ed allora? Sono venuti anche quest’anno.
“Ma esistono ancora?”
“Vaffanculo.”
La musica è come la forma fisica. Va coltivata. Qualunque giorno, a qualunque età. Ed io, ve l’assicuro, sono uno che si allena. Molto.
Ed in questo apocalittico 2012 ci sono stati alcuni eventi speciali, alcuni  allineamenti di pianeti. Non parlo di roba dispersa chissà dove nello spazio. Parlo di simboli musicali che, per una ragione o per l’altra, hanno dettato legge nel passato, e continuano a dire la loro nel presente. E che sono passati per l’Italia.
La lista può essere lunga. Io mi concentro su tre ultimi concerti ai quali ho assistito in questo 2012 (e non è ancora finita… domani ci sono i Cradle Of Filth….).
Europe,Therion e WASP.
Rispettivamente:
In giro dal 1979. Molti di voi non erano nati.
Tour dei 25 anni.
Tour dei 30 anni.
Sto parlando di gente che mi ha suonato dentro le orecchie per tre quarti della mia disordinata vita.
Significa che la mia intera vita da adulto, nonché buona parte della mia vita da ragazzo, è stata vissuta con queste (ed altre) bands che suonavano la colonna sonora del mio film. Un film, chiamato vita, che inizia sempre bene e, senza dubbio, finisce assolutamente male. Dove il protagonista muore. Sempre e comunque. Che ci sia un maggiordomo colpevole oppure no.

Il concerto degli Europe (Padova, 27 Ottobre) è stata un’autentica chicca. In barba ai noiosi nostalgici che vengono solo per  sentire “The Final Countdown”, ed in barba a quelle quarantenni con due o tre figli che per una notte tornano adolescenti sognando un fighissimo Joey Tempest tra le gambe, gli Europe si sono dimostrati, ancora una volta (non perdo un concerto!) una band di oggi, adulta, creativa, capace. Una band che fa la sua musica, che devia dall’hard-pop degli anni cotonati, e che riesce a suonare del rock moderno, intelligente. E con una set list che attingeva a piene mani dall’ultimo stupendo album “Bag Of Bones”. Non vi posso descrive la goduria quando hanno suonato la title track, pezzo che ritengo un assoluto capolavoro musicale, lirico ed esecutivo. Una band compatta. Che sul palco si diverte e fa divertire. Con una scenografia semplice ma d’effetto (non dimenticherò mai le infernali luci rosse che hanno caratterizzato la canzone “The Beast”). Artisti perfetti e professionisti superbi. Musicisti di prim’ordine. Su tutti, un Tempest che ha una voce che posso solo definire infinita. Su tutti anche un Norum che con quella dannata chitarra fa esattamente quello che vuole. Ha scelto di suonare in una rock band. Se avesse scelto di fare il virtuoso, sarebbe il Malmsteen Norvegese. Indimenticabile. Ho condiviso questa esperienza con Lelia, esattamente come le altre volte. Siamo la coppia più fedele alla band Svedese! Band che, ovviamente, ha suonato anche “The Final Countdown”.

 

Therion 2012

Therion, 11 Ottobre, Trezzo sull’Adda. Per una maledetta ragione o l’altra, smentendo le minchiate scritte sopra, oppure auto accusandomi, non ero mai riuscito a vedere questa band dal vivo. Reduce dallo sballo del loro ultimo album, “Les Fleurs du Mal”, album al quale ho dato il rating più alto in assoluto della mia carriera di writer, ho deciso di non perdere il concerto. Per nessuna ragione al mondo. E poi c’era “un altro” motivo: adoro ciò che Christofer Johnsson ha fatto: mutuo, auto finanziamento del disco, vendita indipendente con autografo al concerto. Ed io l’ho visto per davvero il buon Christofer Johnsson, introverso e chiuso come una porta blindata. L’ho visto aprire personalmente scatoloni di CD e apporre firme su ciascuno. Ho parlato con Christofer Johnsson. Mi ha fatto l’autografo Christofer Johnsson. E’ stato gentile Christofer Johnsson. Christofer Johnsson, un uomo che sembra non appartenere a questo mondo, un mondo che sembra fargli paura, opprimerlo. Anche sul palco Christofer Johnsson, fa, apparentemente, poco. Parla, presenta qualcosa, e fa il minimo alla chitarra. Ma non dimentichiamoci: quest’uomo è i Therion. Canzoni assurde come “Clavicula Nox”, “Enter Vril-Ya”, “Der Mitternachtslöve”, l’immensa “Ginnungagap”, l’irresistible “Lemuria” o le maestose “Sitra Ahra” e  “Land Of Canaan” le ha tutte scritte lui.
Semplice?
Ok parliamone.
Voi non capite? Questo non scrive due accordi azzeccati che vendono fino a metter su una condizione da multi platino. Questo di accordi ne scrive a migliaia. E non fa cantare un cantante. Ne fa cantare almeno tre, quando non sono molti di più. Tenori e soprani inclusi. E non pensa solo alla chitarra. Di strumenti ne ha vari a disposizione. Christofer Johnsson è un genio. Il vero genio dannato. Non conosco nessun musicista al suo livello al mondo. Sicuramente c’è di meglio, ma nessuno ha fatto ciò che ha fatto lui. Per 25 maledetti anni. Ed ora? Ora che è li? Se ne fotte del trend, della casa discografica che manda gentilmente in quel posto, e fa da se. Respect! E facciamo attenzione: non finisce qui. Lui continua. Ne vedremo delle belle. Anche se per qualche anno di concerti non se ne vedranno.
Un personale insulto al pubblico italiano. C’era molta gente al loro concerto, ma sicuramente non un sold out. A chi è mancato: siete un pubblico di merda e non meritate di esistere. Nota di demerito anche a quei miei colleghi che hanno dato poca importanza a ciò che Christofer Johnsson ha detto al pubblico. E’ tutto li il concetto. E’ li che sta la diversità artistica. Difficile da capire?

Christofer Johnsson e Metalhead

Il concerto dei Therion mi ha segnato. Dentro. Quando ascolto un loro album, ora, non posso non immaginare la band sul palco. La maestosità di Vikstrom, un cantante totale, un tenore fantastico, ma anche una riserva di voci impossibile da concepire. E poi c’è Lori. Lori Lewis. Il suo modo di cantare mi risulta erotico. La sua voce deve essere una delle ragioni per le quali il genere umano ha bisogno di credere in un dio: un simile voce DEVE essere divina. Lori, lontana dal fisico anoressico delle goth-girls, forse lontanissima dall’heavy metal (per la voce rock  al femminile c’era la figlia di Vikstrom) eppure così perfetta su quel palco, tra qui musicisti, cantando quelle canzoni. Il duetto visivo tra lei e Thomas  Vikstrom è una cosa unica. Che ha del cavalleresco. Due artisti infiniti.
Le mie emozioni ascoltando la sua voce, ed immaginandola sul palco sono in misto di delirio e commozione.
Sono passati quasi due mesi. Sento ancora le vibrazioni. Le emozioni. Sentire dal vivo “Lemuria” in versione acustica, oppure “Land Of Canaan”, e anche le varie canzoni dell’ultimo fantastico album è stata un’emozione ultraterrena. Due ore indimenticabili. Senza contare la totale disponibilità della band alla fine del concerto: Vikstrom,  Johnsson, ed anche il chitarrista argentino Vidal. Esperienza indimenticabile

Infine, qualche giorno fa, i W.A.S.P.
Seguo Blackie Lawless fin dal primo album. E negli ultimi anni non mi sono mai perso un concerto in Italia. Questa volta, scelgo la location di Bologna (la venue vicina a casa mia è piccola, probabilmente non sarebbero stati installati i monitor). La mia vita è, come ho già detto, stata segnata per la maggior parte dalla musica di questo rocker americano, questo personaggio assurdo, spesso contraddittorio, ai limiti della sanità mentale. Eppure è stata una totale emozione vedere questo spettacolo, la cui parte centrale era esclusivamente concentrata sul mitico album “The Crimson Idol”. Il film che girava sui tre mega schermi, mentre la tagliente voce di Blackie, supportata dalla fantastica chitarra di Doug Blair, cantava le sventure del protagonista dell’album, Jonathan Steel. E’ fantastico come queste canzoni riescano ancora, dopo vent’anni, a scatenare certe emozioni dentro la mia testa. Ritrovarmi ad occhi chiusi abbandonato alle melodie di quest’album mentre la band si esibiva sul palco. Sensazioni uniche. Blackie Lawlsess cammina verso i 60 anni. Non li dimostra. Sul palco è un’autentica bestia, e la sua voce continua a rimanere qualcosa di unico nell’intera scena rock di tutti i tempi, tutte queste decine di anni di rock’n’roll.

Si. Decine di anni.

Mentre scrivo queste parole sto ascoltando l’ultimo album dei Tiamat (altri 25 anni di storia). In Vinile. Un supporto vecchio di decine di anni. In molti hanno provato a soppiantarlo, ci hanno provato per decine di anni. Ed io, dopo decine di anni, sto ascoltando un album appena uscito su un supporto che avrebbe dovuto essere estinto da decine di anni.
Il vinile. Vedo il solco. E’ indelebile. Più indelebile dei falsamente eterni CD. Più reale delle eterne musicassette. Il vinile rappresenta le radici della musica riprodotta.  Radici. Le bands che ho visto di recente rappresentano le radici. Radici di un genere e di una generazione. Le radici di un pensiero e di un modo di pensare. Le radici di un modo di vivere, le radici di una vita intera. Della mia. E probabilmente della vostra. Decine di anni di rock sono, forse, indelebili.
E di questo bisogna ringraziare un’infinità di artisti. Europe, Therion e W.A.S.P. compresi.

(Luca Zakk)