L’uscita dell’ottimo “Reader of the Runes – Divination” è un’ottima occasione per discutere con Damna di presente, passato e futuro degli Elvenking. Buona lettura!
Con “Reader of the Runes” siete arrivati a dieci album: se ti guardi indietro cosa vedi e se guardi avanti che cosa ti aspetti?
Se guardo indietro vedo tanta strada percorsa, abbiamo lavorato tantissimo; in passato abbiamo fatto anche qualche passo falso, ma direi che almeno che dall’uscita di “Pagan Manifesto” abbiamo il sound che abbiamo cercato da sempre. C’è stato un lavoro di crescita che ci ha dato grande consistenza. Se guardo davanti… beh, vedo ancora tanto lavoro da fare, tante belle sensazioni perché negli ultimi anni abbiamo suonato moltissimo e abbiamo fatto tanti concerti che hanno portato la band sempre più in là, quindi mi auguro che continui questo trend!
Mi parli del mondo che sta dietro alla storia di “Reader of the Runes”?
Abbiamo sempre avuto sempre il desiderio di creare un concept album, siamo sempre stati affascinati dagli ‘opera album’ del passato. In passato non credevamo di avere un’idea veramente forte e d’impatto, ma stavolta, iniziando a scrivere i pezzi nuovi, io e Aydan [chitarrista e membro fondatore della band, ndr] abbiamo sviluppato quest’idea, che poi è cresciuta e ha preso vita. Come tematiche, siamo nell’ambito che ci ha sempre contraddistinto negli ultimi anni, il folklore, il paganesimo, il fantasy ‘oscuro’… la storia si concentra attorno al ‘Reader’, che si può vedere anche di spalle sulla copertina del disco; una figura misteriosa, che appare in un villaggio in un tempo fuori dal tempo e inizia a fare delle divinazioni. Ci sono 8 personaggi che ruotano attorno a lui, e otto brani parlano di loro e delle divinazioni che da lui ricevono. Pensiamo di sviluppare la storia in tre album, ma ora vedremo che accade mentre i personaggi prendono vita…
Qualche parola sui due brani che mi hanno colpito di più: “Malefica Doctrine” e la suite finale.
“Malefica Doctrine” è uno dei miei preferiti del disco, su di esso abbiamo lasciato più libero il nostro estro compositivo: suoniamo una musica principalmente melodica, ma il nostro bagaglio comprende anche molto metal estremo, e riuscire a mescolarlo, qualche volta, con il nostro sound è una delle cose che ci soddisfa di più.
Per il brano finale: abbiamo cercato di fare un pezzo che comprendesse tutte le anime della band e tutte le atmosfere della storia; c’è stato un lavoro di ricerca in particolare per quest’aspetto.
Ho visto poi il video di “Silverseal” e mi sembra ottimo… qual è la stranissima location, questa cava in cui vi trovate a suonare?
Eravamo in Toscana, in quelle che chiamano ‘Fumarole’, nello specifico la ‘Fumarola di Sasso Pisano’. Peccato che nel video non si senta l’odore, perché sembrava di essere all’Inferno (ride)!!
L’estate vi vede impegnata in diversi festival, fra i quali il Sabaton Open Air, con il vostro nome molto in alto nel cartellone… siete fieri di questo risultato?
Le date di quest’anno ci hanno portato ad alcuni dei maggiori festival estivi, quindi siamo contentissimi. Il SOA è ormai uno degli appuntamenti più importanti, la Svezia poi è un paese che raramente riusciamo a toccare, per costi e posizione geografica.
E per quanto riguarda invece il tour in Sud-America?
È il secondo tour, anche se la prima volta siamo stati solo in Argentina e in Brasile; stavolta saremo anche in Colombia, Peru e Chile! Saremo in sei paesi in sei giorni!
Una domanda sul mio brano preferito di tutta la vostra discografia, ma ti avverto che andiamo davvero nel passato: “The Wanderer”.
Quel brano lo lego alle sensazioni relative al ritorno nella band, con l’entusiasmo di riprendere di suonare assieme. “The Wanderer” era già stato scritto prima che rientrassi in organico, ed è stato il primo brano, assieme a “The Winter Wake”, che ho sentito e suonato in sala prove. Sicuramente è uno degli highlight della nostra carriera; forse soffre di una produzione non al massimo, che ci piacerebbe un giorno rivisitare.
Curiosità: la tua vecchia band Leprechaun è ancora attiva? Farà mai uscire qualcosa?
Purtroppo non abbiamo mai avuto tempo e modo di riprendere il vecchio demo; qualche tempo fa però effettivamente ci stavo pensando… prima o poi chissà che non accada qualcosa, dai! È diventato un oggetto di culto: ne abbiamo fatto in passato un paio di ristampe e ci sono sempre state molte richieste!
Quando e perché hai cambiato nome, da Damnagoras a Damna?
Era semplicemente troppo lungo! (ride) L’ho voluto solamente accorciare, ma molti mi chiamano ancora così e va bene. È uno pseudonimo che pensai all’inizio per nascondere la mia identità, come nel contesto death e black metal, e da ragazzi pensavamo che avrebbe dato più internazionalità alla band.
Vuoi salutare i lettori?
Ringrazio Metalhead, date un ascolto al nostro album, lo trovate ovunque! Spero vi piacerà.
(Renato de Filippis)