C’è stato un momento del concerto nel quale Chris Bay ha avuto qualcosa da dire su come è stato accolto il nuovo album “M.E.T.A.L.”. Ho immediatamente chiesto lumi a uno dei massimi esperti di Freedom Call, reperibile in quel lasso di territorio compreso tra la Germania e Italia, René Urkus, che ha recensito in Metalhead.it il nuovo album della power metal band tedesca.
Chris ha domandato al pubblico se l’ultimo album fosse piaciuto e tutti han detto di si. Ha chiesto se fosse vero e tutti hanno ribadito la risposta. A quel punto ha spiegato che in Germania nelle classifiche del migliore album del mese, “M.E.T.A.L.” è costantemente in basso! Chiesta conferma all’istante via chat a Urkus della veridicità di tali giudizi. Magari, ho pensato, che Bay abbia esagerato. Lo han bistrattato o no questo album? L’esperto è perentorio e abile a fotografare la situazione: «Molto. Però poi hanno successo di pubblico». Tutto vero.
Le Grillen di Colmar accoglie tanta gente e molte persone sono ben attempate, roba da capelli brizzolati, addirittura si incrociano anche intere famiglie. Si, genitori e figli. Una nidiata poi è appoggiata a bordo palco e beccano anche il cinque con Chris Bay e gli altri durante il concerto.
Heavy metal party, questo è un concerto dei Freedom Call e lo ribadisce spesso Chris Bay. Lui è un tipo ironico, è anche misurato eppure sa essere anche buffo, di certo un personaggio totalmente solare. Lars Rettkowitz sorride e se la ride quando suona, gustandosi la reazione della gente e la goduria che hanno nel cantare a squarcia gola inni come “Sail Away” o “Power & Glory”.
Apprendo da Chris Bay che il primo concerto tenuto dai Freedom Call è stato in Francia, supporto ai Saxon credo abbia detto, ma non sono sicuro. Era dalle parti di Grenoble ed era tanto tempo fa. Quando Bay fondò i Freedom Call l’idea era di a fare almeno una decina di album prima di fermarsi e «bene, ora siamo proprio a dieci, cosa facciamo? Continuiamo?», lui chiede. Dai Chris, cosa altro puoi fare?
La voglia di assistere ai Freedom Call è tanta, di ascoltare cosa ha da raccontare Chris Bay altrettanto e di ridere con lui e magari interloquire, non da meno. Si nota che il piacere di molti è anche nell’attendere l’annuncio del pezzo che verrà. Per ogni canzone annunciata c’è un boato da parte del pubblico. Voglio dire, non uno ‘yee’ o uno ‘ouiiii’, o anche uno ‘ja’ d’ordinanza. Affatto, la gente urla di gioia e lo fa per tutte le quindici canzoni del concerto. All’ultima, “Land Of Light”, una mamma che è dietro di me, mette le sue mani sulle mie spalle per reggersi durante il suo frenetico e invasato saltellare. Metal is an assitant also!
Ritornando al discorso delle reazioni da parte della stampa, Bay ha anche detto, in un secondo momento, che negli Stati Uniti qualcuno ha scritto che i Freddom Call sono “happy metal”. Beh, mica ha torto l’americano! Per annunciare “111” Bay dice «666 il numero del diavolo, il numero della bestia, ma noi siamo un altro numero: noi siamo…» e manco riesce a dirlo perché il pubblico già recita ad alta voce il titolo della canzone. È estremamente divertente osservare la somatica del cantante e chitarrista dire “666” o “bestia”, quando è evidente che queste iconografie del mondo metal non gli interessano affatto. Ancora più simpatico è quando dice che «Cosa significherà mai il titolo del nuovo album? È forse una formula satanica o un rituale? Oppure è un codice militare per conquistare il mondo?». Il suo sorriso ti arriva prima dell’ironia nel dire le cose. Ovviamente Chris è semplice e diretto, cioè il titolo di “M.E.T.A.L.” vuol dire proprio quello: metal!
Dei Freedom call si apprezza l’ottimo e diretto impatto scenico. Lo schema con la batteria sollevata e quattro grancasse, due pedane laterali dove l’italiano (ex Vexillum) e bassista Francesco Ferraro e l’altro chitarrista Lars, possono saltarci su e creare questa solenne linea di potenza e melodia. Poi il turbinio di luci che non eccede e raggiunge il climax nei momenti clou dei pezzi, esaltano il pubblico. Quattro macchinette del fumo che svaporano nei momenti giusti e si affiancano ai suoni dirompenti e curati, tra l’altro, da un tecnico del suono italiano. Tutto ciò è parte di uno sfavillante e inossidabile happy metal party.
A proposito, Urkus ha recensito così il nuovo album dei Freedom Call e trovo che almeno la prima metà della sua recensione sia un’istantanea veritiera, concreta e lucida su cosa sia questa band! Chris Bay magari mi maledirà Urkus, ma l’onestà del collega e il suo acume analitico sono di quanto più onesto e devoto che uno scribacchino del metal di questa redazione, possa redigere verso questi eroi.
(Alberto Vitale)