Ho sempre ammirato la potenza artistica di Gaahl. Un artista ammirato, venerato, adorato. Una persona strana, misteriosa, ma anche cordiale, gentile. Un autentico signore. Tutte le volte che l’ho incontrato (ad esempio al Beyond The Gates 2017 lo scorso Agosto) si è dimostrato loquace, disponibile, lontano dall’ego della star, anche se il suo atteggiamento indulgente nei confronti di ogni fan che si avvicina, con reverenza, cela un carisma egocentrico strepitoso.
Avendolo visto dal vivo solo con i Gorgoroth (quelli senza Infernus) e poi con i conseguenti God Seed, ambivo ad un concerto con qualcosa di suo, di più personale e, cosa non da meno, riassuntivo di una carriera estrema, assolutamente simbolica per il Black Metal. La notizia fu un fulmine a ciel sereno: non solo il progetto Gaahls Wyrd scendeva in Italia per alcun esibizioni, ma sul palco avrebbe ospitato Animæ (frontman dei Darkend), una delle figure più coinvolgenti della musica estrema italiana. Inoltre nel bill ci sarebbero stati gli oscuri The Great Old Ones e i fantastici islandesi Auđn, una band capace di ridefinire genere ed immaginario del black metal stesso.
E sono proprio gli Auđn ad aprire la serata. Forti del loro ultimo capolavoro “Farvegir Fyrndar” (recensione qui) scatenano uno spettacolo rituale, oscuro, magnetico ed ipnotico, suonando in maniera aggressiva ma oscuramente dolce, con un look lontano dai canoni tipici del genere. Un concerto viscerale, fisico, carnale, spirituale, con accenti di derivazione post black, tipici ed identificativi delle band Islandesi. Vedere questi ragazzi vestiti con eleganza e discrezione -senza dettagli scenici o corpse paint di sorta- che dal nulla fanno esplodere una simile violenza sonora, risulta impattante, sconvolgente, micidiale. Una band che si cela nella propria oscurità dando spazio infinito alla propria arte. Alla propria musica. Purezza crepuscolare assoluta.
Le tenebre e le nebbie malefiche avvolgono i The Great Old Ones. Spettacolo fumoso per questa band che mette in musica la loro dedizione all’opera Lovecraftiana. Suoni pesanti, viscerali, taglienti. Sempre ai confini tra i generi più estremi tanto da risultare originali ed in un certo senso innovativi. Visivamente amano affogare nella loro volutamente invasiva scenografia, con una scelta delle luci tendenzialmente tetra, completamente in linea con l’atmosfera del sound e del look, materializzando uno spettacolo che è tutt’uno con testi, suoni e musica, risultando quindi aggressivi ma anche ipnotici, spirituali ma anche violenti in forma devastante.
Gaahls Wyrd è una sintesi di artisti. Non solo Gaahl è una presenza infernale ma estremamente comunicativa con il pubblico (l’intima vicinanza del palco dell’Alchemica agli spettatori, permette a Gaahl di toccare letteralmente le mani dei fans in estasi, con il suo tipico agire etereo e dissacrante), la sua band è una sintesi di personaggi di alto livello: Frode “Eld” Kilvik, frontman sia di Kraków che Gravdal al basso, Lust Kilman (Sahg) alla chitarra, Baard Kolstad (ICS Vortex, anche se per questo evento era sostituito da un sessionist) alla batteria e Stian ‘Sir’ Kårstad (Nidingr) all’altra sei corde. Una line up di super artisti, appartenenti ai meandri reconditi più oscuri della musica estrema nordica. L’ossessiva “Steg” (da “Til Minne…” dei Trelldom) apre con brutalità. Gaahl perfettamente immobile per gran parte della durata di un brano che fa proprio dell’ossessione sonora il suo punto di forza.
La presenza scenica del personaggio è autoritaria, carismatica all’ennesima potenza: pochi front man riescono ad emanare una tale energia rimanendo sostanzialmente immobili, rendendo i vaghi spostamenti sul palco un rituale a parte, vista la lentezza destabilizzante dei movimenti, mentre i musicisti scatenano riff privi di umana pietà. Set list intelligente che spazia veramente su tutta la vasta carriera del vocalist: per esempio “Til minne…”, “Sannhet, smerte og død”, “Slave til en kommende natt” che esplorano i tre album dei Trelldom. Si spazia nei labirinti oscuri dei Gorgoroth con brani come “Sign Of An Open Eye”, “Carving A Giant”, “Wound upon Wound”, “Exit – Through Carved Stones” e l’immancabile “Incipt Satan”. I controversi God Seed emergono con “This from the Past”, “Lit” e “From the Running of Blood”, brano che vede Animæ materializzarsi improvvisamente sul palco e agire in sconvolgente sincronia con il simbolico collega e grande amico.
Una leggenda, senza dubbio. L’ho visto in altre occasioni. Ho visto cosa succede quando entra lui in un locale stracolmo di metalheads in città come la sua Bergen. Ho visto come controlla e domina il pubblico mentre si esibisce, o come si concede per foto, strette di mano e saluti ovunque la sua oscura presenza osi apparire dal nulla. A fine concerto lo incrocio e gli chiedo se gentilmente era disponibile per delle foto statiche nel backstage da parte delle fotografe (la nostra agenzia Monica Furiani Photography ed una collega freelance). Accetta, ma chiede di pazientare almeno mezzora, una mezzora che dedicherà ai fans accorsi per l’evento. Bazzico la scena metal ed i backstage da anni… se c’è una cosa che ho imparato è quella di non far mai troppo affidamento sulla parola di un artista dopo un concerto: c’è la festa, l’alcol, i fans… e comunque pure le interviste prima dei concerti hanno sempre orari tra il variabile, il flessibile e l’ipotetico. O il nullo.
Ma esattamente dopo trenta minuti, Gaahl mi rintraccia dentro il club e mi dice chiaramente che era finalmente possibile esaudire la mia richiesta. A cavallo tra la star in esibizione ed il santone che si concede ai suoi fedeli, osservo Gaahl, uomo reale, farsi seguire nell’ampio ed elegante backstage, lungo il brillante corridoio dell’Alchemica. Lo vedo dialogare brevemente relativamente al dove posizionarsi per gli scatti. Lo vedo assumere quella posizione immobile ed inquietante che dal palco genera reverenza. Sento il rumore sensuale degli otturatori che scattano. Vedo le professionali fotografe che lo invitano a spostarsi nella stanza, per cambiare sfondo, illuminazione ed angolazione della stessa. Vedo Gaahl, ancora più reale, che a passi lenti asseconda la richiesta. Altri otturatori che scattano.
Ringraziamo. Seguono i saluti. Strette di mano vere, reali, fisiche. Come in un tunnel esoterico ripercorriamo il corridoio e torniamo nel mondo quotidiano, dove ci sono ancora fans che aspettano Gaahl, dove il bar è ancora attivo ed indaffarato, verso dove si esce, per tornare a casa, nella notte, lungo le strade.
L’uomo reale è scomparso. Eclissato.
È tornato ad essere una leggenda.
(Luca Zakk)