Quando vengo a sapere di questo evento, che si sarebbe tenuto al Colony, mi suonano in testa della campane (da morto?). Grá: moniker che non mi sembra nuovo, eppure non trovo nulla in mezzo alla mia vasta collezione di dischi. Ma qualcosa mi continua a ronzare in testa… un ronzio che provo ad ignorare… ascolto troppa musica, troppi dischi, troppo tutto… decido di andare all’evento comunque, forse mi sarebbe tornato in mente. E poi, diciamocelo, il bill era sicuramente attraente… decisamente non ecclesiastico, lontano dalla vita, pieno di pessimismo… con una serata che si preannunciava nel nome delle tonalità di grigio, di nero, una serata molto interessante.
Gli italiani Eyelessight mi piacciono. E molto. Li ho recensiti tempo addietro e visti dal vivo poco più di un mese fa in un evento che non fece altro che accrescere la mia personale stima verso questa band italiana. Li vidi su un palco di dimensioni ridotte quindi non ho potuto far altro che apprezzarli sull’ampio spazio del Colony, nel quale i quattro musicisti danno il massimo dietro alle bende che chiudono loro gli occhi durante tutto il gig. Si tratta di una band strana: non solo il loro depressive black è tragico e malinconico ma risulta anche violento, con diverse caratteristiche che li rendono in un certo senso unici. Prima di tutto la band è un duo, composto dal HK (batterista e vocalist, anche batterista session dei Selvans)… e l’emblematica Kjiel, frontwoman, vocalist estrema e ottima chitarrista. Il resto della band, i live sessionists (anche se ormai stabili), sono altrettanto validi e coinvolgenti, in particolare il bassista, V, elemento tetro ed inespressivo in volto, quanto caldo ed intenso nel suo playing. La band, ben rodata da questo tour con i Grá, offre un gig d’impatto, efficiente, diretto ed ipnotico, rendendo omaggio ad un genere da loro suonato in maniera impeccabile.
Gli Ars Veneficium, dal Belgio, appartengono alla miriade di bands underground, e la provenienza da quel paese quasi automaticamente li colloca nei territori sporchi, violenti, un po’ lo-fi, decisamente old-school (genere diverso, ma mi vengono in mente i loro connazionali Possession). Sul palco li osservo: manca un po’ di esperienza, la presentazione dei brani è un po’ ovvia, troppo parlata per gente con il corpse painting, magari spontanea però vagamente … infantile. Tuonano i primi due brani, sostanzialmente il riscaldamento… e quando stavo iniziando ad annoiarmi, eccoli che esplodono con furia e ferocia inaudite. Brani violenti, un black putrido, sconvolto, esplicito e decisamente decadente. Hanno saputo accrescere il mio coinvolgimento in maniera esponenziale anche grazie a musicisti validi, preparati e capaci.
Tra una band e l’altra, continuo a dire a Monica -l’autrice degli scatti che vedete qui e che vedrete nei prossimi giorni- che con i Grá io ci ho avuto a che fare, che ho una strana ottima impressione in testa, ma non ricordo assolutamente nulla. Le ho ripetuto la cosa varie volte, fino alla soglia dell’essere mandato affanculo (cosa che, per fortuna, non ha fatto!)… avevo quei puntini davanti agli occhi della mia memoria… ma non riuscivo ad unirli.
La mole di lavoro non aiuta, troppe bands, davvero… e finalmente solo il giorno dopo mi torna in mente che in effetti avevo avuto a che fare con la band svedese! Non erano da soli, bensì compresi in uno split nel quale erano dominanti gli Gnosis of the Witch (recensione qui)! Split su 45 giri che arricchisce la presenza nella mia suddetta collezione (più vario materiale dei Grá arraffato al merch… tranne l’ultimo album che risulta meritatamente sold-out!). Quello split… si trattava di un brano, in un contesto che non evidenziava la potenza artistica dei blacksters svedesi. Era quindi doveroso approfondire… dopotutto i Grá sono un progetto ricco di malvagità intensa, visto che nelle file vanta gente che milita negli eserciti di Dark Funeral e Cursed 13.
Salgono sul palco, con un face painting completamente bianco: evidenziano un pallore etereo, post-mortem, un aldilà infernale dopo una vita nel nome degli inferi, confermato da un sound crudele, feroce, possente, marziale e terminale.
Superlativi, irriverenti, palesemente satanici (stupenda la croce rovesciata che penzolava nervosa dalla cintura del front man). Un black metal con impulsi beat devastanti, linee di basso pulsanti, drumming angosciante, growl feroce, riff a base di tremolo come solo il vero black metal può garantire… un black svedese che ruba sempre più la scena a quello originale, a quello norvegese.
Una serata improvvisata. Quasi casuale. E pure ad ingresso gratuito. Con le tre band che hanno saputo allestire dei banchetti per la vendita del merchandise pieni di musica e gadget di tutti i tipi. Sapere che ci sono locali come il Colony che ospitano eventi di questo tipo è un piacere immenso: purtroppo non apprezzato da tutti, vista la scarsa affluenza. Evidentemente se il pubblico italiano non segue gli eventi gratuiti, poi è palese che non segue gli eventi a pagamento con prezzo onesto… forse segue solo la musica orientata ai grandi nomi, con biglietti da centinaia di euro venduti online nei primi 10 minuti. E pensare che ci sono paesi, anche non molto lontani, con fans che venderebbero le loro madri per una serata come questa.
Ok, pecore, andate a quei concerti. I vari Vaschi e pop stars vi aspettano. E pure le cover band che imitano qualcuno in modo scadente giù sul palchetto del pub all’angolo, sono li per voi. Io ed un manipolo di altri fedeli alla vera musica, ce ne rimaniamo qui. Ad un metro dal palco. Godendo di musica superlativa. E ci prendiamo pure il lusso di fare due chiacchiere con l’artista a fine concerto. Voi, pecorelle, continuate a smarrirvi.
(Luca Zakk)