Sono in contatto da tempo con Nichlas Håvik, in arte Kadaver, frontman e fondatore degli Istårn, una delle band che popolano l’iperattivo underground di Bergen in Norvegia.
Sempre nell’ottica della ‘vacanza intelligente’ (leggi qui), un altro ottimo modo per passare un pomeriggio a Bergen è accettare un invito presso la sala prove ubicato fuori Bergen, a tre quarti d’ora di autobus.
Il viaggio in autobus offre una panoramica dell’area rurale fuori dal fervido e turistico centro della città, ed è impossibile non immaginare queste terre verdi ricoperte di neve, queste rocce e queste montagne scenario di innumerevoli fotografie o copertine che hanno dato vita all’immaginario collettivo sul black metal nordico.
Dei sei membri della band, quattro si uniscono a noi nel bus, fermata dopo fermata. Sono giovanissimi, hanno voglia di farsi sentire, vedere. Conoscere. Noto nei loro occhi quasi un’incredulità sul fatto che due incaricati stampa dedichino del tempo a loro al di fuori del contesto di un concerto o di una intervista.
Arriviamo a destinazione, nel borgo di Arna. La sala prove è in un piccolo complesso industriale, all’ultimo piano. Ci sono varie stanze a disposizione di artisti, produttori… Nichlas mi rivela che in una delle stanze qualcuno ci ha pure girato un film porno.
Considerando che quattro dei sei membri della band erano in viaggio con noi nel bus da Bergen, gli chiedo per quale motivo non trovano una sala prove più vicina alla città. La risposta è ovvia ma anche rivelatrice: prima di tutto i costi. Non ci vuole molto ad immaginare che una sala prove vicina al centro possa costare molto di più che una nel mezzo del nulla. Ma ci sono altre ragioni: intanto la sala prove è condivisa da più bands… noto tre batterie già montate e pronte all’uso. Quindi non c’è il problema del trasporto delle attrezzature. inoltre le tre band che provano nella stessa sala sono in rapporti di amicizia e condivisione, quindi c’è un alto livello di sicurezza nel lasciare lontano da casa costose attrezzature come amplificatori o batterie.
La sala prove è un antro che odora di musica estrema. Poster appesi, resti di sigarette, birre, vino. Per me è un salto indietro nel tempo, all’epoca della band, quando suonavo anche io e si passavano interi pomeriggi rinchiusi in una stanzetta insalubre, bevendo, fumando e -tra le altre cose- suonando.
La band è puntuale. Le prove erano alle 17 ed un leggero ritardo del bus evidenzia il disappunto dei componenti che si rendono conto di aver perso dieci minuti di musica. Precisione nordica.
Iniziano. Immediatamente. Pochi convenevoli. Un paio di battute (in Norvegese), due risate… ed il batterista attacca.
La band suona perfettamente due canzoni del repertorio: non per noi, non per divertimento, ma per riscaldamento e regolazione dei suoni.
Ad un certo punto Nichlas si scusa anticipatamente: da ora non avremmo più goduto di un concerto privato con intere canzoni ben suonate, in quanto avrebbero provato nuovi brani, brani che non avevano mai suonato tutti assieme.
Il brano oggetto di studio e prove si intitola “Beyond the Starless Sky”: la bassista non lo conosce ancora bene, Nichlas ha i testi scritti in una nota nello smartphone. Il tastierista ha una palese preparazione classica e questo si sente forte e chiaro, regalando un tocco di classe alla canzone. I chitarristi sono preparati, precisi… e uno di loro è chiaramene la mente della parte musicale del brano. I ragazzi lavorano con impegno: non perdono tempo, non scherzano più del dovuto, non bevono, non fumano… c’è una palese visione professionale, poi confermatami dal frontman il quale punta alla registrazione del demo il prossimo mese, per poi entrare in studio in inverno, sperando di attirare l’attenzione di etichette come la Dark Essence Records.
Il loro black metal non è mai stato particolarmente selvaggio, hanno sempre avuto qualche dettaglio particolare, una ricerca melodica più profonda… ma il nuovo brano mi colpisce. Nonostante sia ancora embrionale (il basso era ancora lineare e non si scatenava negli ampi spazi a disposizione) la progressione melodica era interessate, atmosferica e variegata. Lo ascolto con impegno ed abbandono.
Ad un certo punto succede quello che non volevo succedesse: smettono di suonare, si girano verso di me e mi chiedono che ne penso.
Cazzo, non sono un produttore. Io ascolto almeno un disco nuovo al giorno, più la roba che piace a me… ho le mie idee, scrivo le mie opinioni basate proprio sulle mie idee… ma sono ben lontano da essere un discografico, un talent scout o roba del genere.
Ero poi un po’ perso: stavo ascoltando ad occhi chiusi, cercando di filtrare i suoni nella mia mente… esattamente il mio metodo di ascolto, molto carnale, molto passionale… molto introspettivo.
Mi risveglio dal mio stato di ipnosi, guardo sei paia di occhi puntati verso di me, occhi in un certo senso impauriti, in cerca di conferma.
Probabilmente quegli occhi vedevano in me, in noi, gente con il doppio della loro età, gente che ascolta tonnellate di musica estrema, gente che parte dall’Italia per venire a vedere dei festival in Norvegia per poi scrivere qualche report, fare qualche intervista, produrre qualche scatto che catturi uno dei momenti magici di un concerto grandioso.
Riconnetto i punti, accendo il livello conscio della mia mente e rivelo: “Sai Nichlas, siete molto diversi da quello che ho sentito in precedenza, il materiale che mi hai mandato. Ok, non siete mai stati black metal estremo, ma ora siete evoluti in qualcosa di diverso, palesemente più progressivo.”. La mia frase è nata esattamente come nascono le mie recensioni… finisce l’album, torno sulla terra e cerco di tradurre in parole le emozioni che si sono formate dentro di me. Ma gli sguardi dei ragazzi cambiano… diventano solari, i loro giovani volti -non ricoperti dal corpse painting- si illuminano, sono felici, appagati. Ed io mi sento immensamente onorato.
Ricominciano a suonare. Monica si scatena con la sua Nikon. Ad un certo punto chiedo loro di suonare tutti rivolti verso la fotocamera: era il quarto tentativo con “Beyond the Starless Sky”, i tre precedenti evidenziavamo imprecisioni, errori, stop improvvisi per scambi di opinioni.
Ma gli Istårn, senza trucco, senza un palco… ma piazzati davanti ad una fotocamera eseguono il brano in maniera precisa, impeccabile e feroce.
Naturalmente faccio loro notare la cosa, provocando un’ulteriore luce nei loro occhi affamati di conferma, occhi di ragazzi poco più che ventenni che hanno un sogno, un desiderio. Certo, tutti i giovani musicisti hanno quel sogno, quel desiderio… ma loro devono affrontare un peso più grave: se fai black metal e lo fai nell’underground di Bergen devi essere bravo in quanto è praticamente impossibile non emergere, non farsi notare. È una sfida che loro sono disposti ad accettare.
Le loro prove sarebbero andate avanti fino a tarda sera quindi noi togliamo il disturbo e ce ne torniamo in città. Nichlas ci accompagna alla porta. Ci ringrazia. È onorato della nostra visita. In realtà, da appassionati di musica, di musica di queste terre, è stato per noi un onore poter assistere alla nascita di una canzone appartenente a questa galassia oscura, appartenente alle band di queste terre.
Dopotutto, i brani che tutti noi amiamo, i brani di bands quali Mayhem, Gorgoroth, Taake, Kampfar… sono tutti nati così, in stanzette come quella disperse nel bellissimo paesaggio norvegese.
(Luca Zakk)
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