Per quanto siano in circolazione da oltre cinquanta anni, i Kraftwerk continuano ad esistere dentro un’aura di mistero. Certo tutto è noto, dettagliatamente raccontato, ampiamente diffuso: la loro storia, l’evoluzione stilistica, i personaggi coinvolti… ma i Kraftwerk rimangono comunque una delle band più note al mondo senza che nessuno dei membri sia sotto i riflettori.
Prendiamo qualsiasi band storica e famosa dentro il vasto labirinto del rock, dai Rolling Stones ai Pink Floyd, oppure dai Led Zeppelin ai Deep Purple, passando anche per Black Sabbath, Depeche Mode o qualsiasi altra icona indiscutibilmente appartenente alla storia della musica: ciascuna di queste band è composta da personaggi iconici caratterizzati da ego travolgenti; chitarristi, cantanti, tastieristi, perfomer di ogni sorta il cui nome è più pesante di quello della band nella quale militano, artisti che fanno di tutto per essere l’immagine stessa del genere musicale che interpretano. Chi sarebbero i Rolling Stones senza l’ego di Keith Richards o Mick Jagger? I Led Zeppelin senza Jimmy Page o Robert Plant? I Black Sabbath sono ancora quelli di Ozzy, Angus sarà sempre l’immagine unica degli AC/DC, mentre l’irriverenza di Dave Gahan è simbolica per la band di Martin Gore.
È così che funziona nel mondo della musica, ovvero lì fuori, oltre le soglie di quel regno che crea l’energia necessaria al rock di tutto il mondo, fuori dai cancelli di quella essenziale ‘centrale elettrica’, i Kraftwerk, una band senza la quale una enorme fetta di musica e generi venuti dopo… non sarebbero mai nati.
I Kraftwerk sono un superlativo esempio di band che viene prima dei membri che la compone. Kraftwerk è una entità, un concetto superiore, un mantra, una dimensione parallela, quasi uno spirito digitale incomprensibile per la mente umana.
Ed ecco che le domande nascono da sole, andando oltre la logica, le notizie, i fatti noti.
-Chi sono quelle quattro figure vestite con tute schermate, capaci di riflettere sia la luce che le onde radio?
-Sono esseri umani o sono i Robots che dichiarano di essere?
-Sono reali o sono quella sequenza di pixel sgranati che la digitalizzazione a 8 bit genera, impartendo movimenti scanditi da qualche clock irregolare?
-Cosa fanno dietro quelle postazioni, quei ponti di comando capaci di trasportare l’ascoltatore oltre la fisica degli elettroni, oltre la fisica atomica, oltre i confini delle galassia?
Uno spettacolo superlativo, arricchito dall’effetto 3D capace di trascinare lo spettatore dentro le immagini, dentro i suoni, dentro quella dimensione virtuale. L’essere travolti dai numeri verdi di “Numbers”, sentirsi l’astronave di “Spacelab” sopra la testa. Manca il fiato quando ci si affaccia sul vuoto del cosmo, mentre diventa eccitante l’essere contaminati dagli atomi impazziti di “Radioactivity” o investiti dal treno di “Trans Europe Express”. Vagare senza meta tra gli edifici di “Metropolis” o l’essere letteralmente abbracciati da quei quattro automi in camicia rossa, fatti di silicio, gomma e carne, con gli arti superiori che si allungano a dismisura dal palcoscenico fin oltre le ultime file del teatro.
E quell’incessante suono sempre penetrante, ipnotico ed eccitante, prorompente e catartico. Un freddo siderale che si diffonde nel calore del Gran Teatro GEOX. Oltre due ore di esperienza ultra sensoriale. Musica e suoni. Voci e rumori. Immagini e realtà virtuale. Elettricità statica e luci accecanti. Disegni e figure che prendono forma, diventando esseri senzienti, liberi, in grado di vagare disinibitamente nella platea.
Nel mondo cinico e digitale dei numeri e dei computer. Lassù, esplorando lo spazio, intercettando onde radio, uomo e macchina, tra arte, cucina e politica, sfrecciando sull’autostrada, sfuggendo all’apocalisse nucleare, verso la città, con le sue stravaganze, i suoi angoli, i suoi idoli, i suoi modelli, i suoi sport. E poi di corsa attraverso il continente con un treno surreale. Robot che obbediscono nell’era dell’elettricità caratterizzata da calcoli impossibili, dall’amore verso i computer e dal bisogno di relazioni umane. Freneticamente, senza una pausa, senza riposo, con quella musica senza sosta.
Kraftwerk? Energia che materializza ologrammi. Forse Fantasmi. O, più probabilmente, particelle radioattive che vagano senza sosta nell’etere, nel tempo, nello spazio, nell’aria che respiriamo, nelle cose che tocchiamo, tra di noi, dentro di noi.
(Luca Zakk)
Photo set completo QUI
Set list:
Numbers / Computer World / Computer World 2
Home Computer / It’s More Fun to Compute
Spacelab
Airwaves / Tango
The Man-Machine
Electric Café
Autobahn
Geiger Counter / Radioactivity
Metropolis
The Model
Tour de France / Étape 1 / Chrono / Prologue / Étape 2
Trans Europe Express / Abzug / Metal On Metal
The Robots / Robotronik
Encore:
Planet of Visions
Mini Calculateur / Dentaku
Computer Love
Non Stop / Boing Boom Tschak / Music Non Stop