Un concerto dei Wardruna è una cosa spirituale. Epica. Unica.
Ovunque nel mondo… una band che porta la sua arte arcaica ed intesa in ogni angolo possibile del pianeta.
Siamo lontani dal metal. Anche se nell’ambito metal ci cantò Gaahl (gli acuti vocali nel secondo album sono sui, parole sue…), ma essere ‘la colonna sonora’ della serie Vikings ha portato il progetto ovunque, lontano da riff e blast beats… nel cuore della gente. Non importa se tale gente capisce o meno i significati intrinsechi o runici dei testi, della musica… la cosa è assolutamente ininfluente e porta alla glorificazione dei Wardruna stessi, che risultano estremamente popolari senza essere minimamente pop.
Assistere ad un loro concerto, a Bergen, in Norvegia… è un privilegio che ho avuto l’onore di avere. È un po’ la partita di casa, dove qualsiasi sia l’avversario tu devi vincere perché sei a casa. Artisticamente c’è quel feeling, poi, di cantare la tradizione della tua gente, di quella che ti sta di fronte… un caleidoscopio di persone eterogenee: dal borchiato oscuro, palesemente emerso dalla scena estrema, all’hippie proto vichingo, fino alla persona normale che semplicemente adora una band che suona un folk ultra tradizionale, raccontando con diversi dialetti la storia spirituale di un paese, di una regione, poi violentata da altri culti ed altre tradizioni, le quali tuttavia non sono riuscite ad intaccare l’ancestrale magia di ciò che era, che è stato… e che probabilmente È.
Non solo è emozionante assistere ai Wadruna a casa loro, a Bergen, ma che il concerto si tenga al Bergenhus Bastionen rende tutto epico: il piazzale dell’antico castello della città, teatro di una kermesse musicale ‘estiva’ che tocca tutti i generi musicali, e che il ventidue agosto, vigilia del Beyond the Gates, ha attratto centinaia di appassionati di…. ARTE. Pura arte.
Luci superlative. Scenario scarno ma vivo ed intenso. I componenti della band, ed i guest oltre ogni limite. La potenza dei suoni bassi di percussioni o corni, la magia ipnotica delle antiche corde.
La visione intensa di Einar “Kvitrafn” Selvik si materializza tra le mura. Un concerto sublime che alterna ospiti e brani della sublime discografia, mentre le luci giocano con gli artisti, proiettando ombre immense e ricche di spiritualità.
Esibizione profonda, con un pubblico sempre più eterogeneo… gente normale, alternativa ed ‘estrema’ uniti in una ipnosi mistica collettiva. A fine concerto Einar domina la scena. Parla con il pubblico. Si emoziona, propone canzoni, cambia idea e canta -suonando- da solo. Canta una canzone che rende gloria alla morte, al finale passaggio, all’ultimo passo di un lungo percorso umano, il passo che unisce il terreno al divino. Un divino che non ha nulla a che fare con fantasticherie religiose, un passo che unisce la vita alla morte per convertirla in nuova vita, una vita fresca che testimonia quel cerchio immaginariamente infinito che ruota, giro dopo giro, dall’alba dei tempi, da prima dell’umanità fino alla fine cosmica del tempo.
Ci sono culti ipnotici. Religioni, profezie, celebrazioni. Ogni religione incanta, ipnotizza, domina risultando suggestiva e dannatamente superstiziosa. Non importa se è una religione moderna o antica, ebraica o asiatica, africana o indiana. Ogni religione è nata ed è stata concepita per controllare la mente. E la celebrazione rituale di ogni religione è l’evento che afferma il controllo delle menti.
Anche un concerto dei Wardruna è un rituale. Con una profonda differenza: ciò che cantano, ciò che suonano, ciò che ti fanno percepire è reale. Connette l’uomo alla terra. Alle radici. Alla vita. Alla morte e all’essenza naturale di tutto quello che ci circonda, affligge, tortura, supporta, ama e … fa andare avanti nella vita.
(Luca Zakk)