Allo storico La Laiterie di Strasburgo arrivano i Cult Of Luna in compagnia dei God Seed. Accade in maggio e chi scrive è proprio a Strasburgo, ma più di ogni altra cosa a poche ore di treno, al di là della frontiera, in Germania, c’è il collega de Filippis (da questo momento in poi sarà il Defender nel testo), il quale per lavoro svernerà per tre mesi in terra teutonica. Quale migliore occasione per incontrarci di nuovo e andare a farci devastare l’anima da queste band fondamentalmente diverse tra loro, sia per il contesto musicale che per la storia personale.
Ovviamente il Defender non è un tipo da black metal o sperimentazioni post metal o post chissà cosa, ma lui è un animale da concerto e lo è nel senso più istintivo del termine. Lui annusa la possibilità di andare ad un concerto e ci va. Parte, senza se e ma. Alla faccia di Blind Guardian, Martiria e Sabaton. Defender o no, se c’è la possibilità di entrare in un rituale live lui ci va.
Incontro alla stazione di Strasburgo. Un paio di errori nel prendere le strade giuste, da parte mia, ma non tali da non permetterci, nell’ordine due caffè accompagnati dalla torta al rabarbaro con meringa (consigliata al Defender perché voleva qualcosa tipico del posto e a maggio in Alsazia asparagi e dessert al rabarbaro sono sacri), torta normanna, visita al negozio di dischi dove mi procaccio abitualmente il mio sostentamento musicale (QUI), breve giro nei contorni della cattedrale di Notre Dame (una delle più belle di Francia e forse la cattedrale più alta in questa nazione, in foto) e ripartenza verso la Laiterie.
Arriviamo ai cancelli dopo aver sbagliato due volte l’ingresso. Il primo era un centro sociale, il secondo un club (chissà cosa c’era lì dentro). Non eravamo ubriachi, nonostante fossimo armati di Kronenburg, ma la nostra meta e quei due luoghi erano parte dello stesso stabile. Tutto qui.
Non riusciamo ad entrare subito. Un uomo-armadio posto all’ingresso ci dice gentilmente che non possiamo introdurre bevande in lattine, bottiglie ecc. Credo tutti sappiate come funzionino queste cose. Il Defender ne approfitta per una cancerosa, io mi guardo intorno e inizio a parlare con il Cerbero della situazione. Ho l’hobby della fotografia, ma oggi non ho portato con me la macchina fotografica e dunque chiedo, per il futuro, se potrò introdurla o ci sono limiti. La risposta è affermativa, il dialogo prosegue e lo porta poi a raccontarmi di quella volta che fece il servizio d’ordine ai Guns ‘n’ Roses e che ‘lui’, “Axl, il cantante?”, “si quello lì, lui non se ne fregava se lo fotografavi o riprendevi, però era pericoloso. Cioè poteva essere pericoloso per gli altri attorno. Dovevamo badare a lui e non al pubblico”. Pensa te, ma non mi stupisco. L’uomo-armadio continua dicendo “Credo che molto dipendesse anche dal fatto che aveva un piccolo tavolo, sul palco, ma messo dietro una tenda. Sai, ogni 20’ andava lì dietro e tirava. Una cosa da pazzi, ogni 20’ era lì dietro e lo ha fatto per due ore e mezza!”.
Si entra. La Laiterie significa la latteria, un luogo nel quale in passato ovviamente lavoravano il latte. E’ uno dei locali in Europa con il più alto tasso di band metal a suonarci. Tutti ci sono passati, infatti da sempre quando leggo le date dei tour delle band spesso c’è ‘La Laiterie, Strasbourg’. Bar ampio e prezzi modici. Una 0,4 costa tre euro. Se penso che io e il Defender ci siamo spennati al concerto dei Luca Turilli’s Rhapsody per due birre. Tavoli bassi e mini sgabelli, tanto spazio nell’atrio. La sala non è grandissima e ha qualcosa di informale. Io stesso ho seguito i due concerti seduto sul palco. Niente transenne. A un metro da me avevo King OIv Hell prima e Fredrik Kihlberg con alle spalle Andreas Johansson poi.
I God Seed e Gaahl hanno letteralmente massacrato la platea. In sostanza hanno scaricato un’ondata sonora che ha scaraventato noi tutti all’inferno. Sembrava di essere proprio negli appartamenti di Lucifero. Un impatto unico e allo stesso tempo conturbante. Lo stesso Defender è rimasto ben impressionato, lui che stima Gaahl per via dei Wardruna.
Gaahl è fenomenale. Un look da Cristo in versione giullare, ma posato e tranquillo, solo che quando canta sputa fuori una voce infernale. Mi avevano detto che è un ottimo cantante, poi negli album e filmati lo si capisce, ma il suo modo di cantare, il suo atteggiamento è così placido che contrasta con la bestialità della sua voce.
Gaahl è anche uno che stringe mani di continuo, da lassù, oltre a girovagare tra il pubblico durante i concerti altrui e Metalhead l’ha potuto constatare.
E’ stato più comunicativo lui che i troppo presi, dal loro nuovo verbo dell’alienazione, Cult Of Luna.
Purtroppo per un problema forse dovuto alla voce, il Sommo annuncia che “This from the Past” sarà l’ultimo brano per loro. La scaletta di King era a 30 cm da me e “This from the Past” era la settima di dodici canzoni che i God Seed avrebbero dovuto suonare.
Peccato.
Pausa. Le luci si accendono, la folla defluisce al bar e fuori per fumare. Io ne approfitto per procurarmi una t-shirt dei God Seed e ritorno con il collega a sedermi lì dove ero e a chiacchierare di musica, ovviamente.
Poi il buio ritorna e la sala si gonfia di nuovo di gente, anche più di prima. Si capisce bene che tutti sono lì per gli svedesi Cult Of Luna.
Compaiono uno alla volta i Cults, nel freddo e nebbioso inizio di “The Sweep”. Prendono i propri strumenti e si preparano a fare la loro parte. Nessun feedback con il pubblico. Nessun saluto, mani da stringere, nessuna parola detta. Avanzano nel proprio grigiore e malinconica angoscia, attraverso potenza e robustezza.
Questo concerto dei Cult Of Luna mi ha portato a diverse riflessioni, nate dal fatto di averli visti suonare, senza la barriera di uno studio e di una produzione fatta ad arte. Arrivo alla conclusione che sebbene la band sprigioni una potenza non trascurabile e un’atmosfera di saturazione del tutto (ritmi, distorsioni, cantato ecc.), l’impressione è che le diverse sfumature di “Vertikal” in sede live vengano perse. Ne nasce però un muro appunto verticale, insuperabile, ma anche terribilmente piatto; l’impressione è che live l’album perda un buon 50% della sua ricchezza sonora.
Tre chitarre, due batterie e un basso suonato in modo irruento, infatti nelle fasi calme riuscivo a udire distintamente il vibrare metallico delle corde sotto i colpi di Johansson, formano una potenza di fuoco incredibile. Le parti quasi psichedeliche sono perdute in bordate sonore irruenti, facendo così dei COL una manifestazione tra post, noise e post-industrial. Però penso anche che ci sia un limite e cioè il cantato (che tale non può essere definito!) di Johannes Persson. Troppo caotico, isterico. “Vertikal” si prende il suo spazio e dunque di Persson al microfono se ne fa un uso sostanzialmente limitato rispetto alla quantità di musica, ma dal vivo quell’irruenza viene fuori e stanca.
Cosa ne pensa la platea? Estasiati, tutti ingabbiati nel loro mutismo, alienati dai suoni che li sommergono e persi in questa tempesta ipnotica che congela ogni cosa.
Sfilano via uno ad uno i Cult Of Luna, con Persson che prima di sparire urla (di nuovo) al microfono qualcosa verso il pubblico e scaraventandolo poi a terra. Molto rockstar.
Il pubblico applaude, rumoreggia, ma la voglia di rivederli di nuovo svanisce alla riaccensione delle luci.
Il concerto viene dimenticato, la serata svanisce alla Laiterie. Anche la mia e del Defender termina ma solo dopo una veloce e passabile pizza e ritornando a casa questa volta senza sbagliare strada; perché domani il Defender ha un bus e due treni da prendere ed io invece resto in loco, sperando di ritornare presto alla Laiterie. Ormai conosco l’ingresso e la strada per arrivarci!
(Alberto Vitale)