Avete letto le due recensioni dei colleghi Enrico ‘Burzum’ Pauletto e Matteo Piotto sul nuovo album dei Metallica, “Hardwired…To Self-Destruct”. Francamente tutta la redazione per almeno quattro giorni non ha fatto che discutere sull’argomento ‘Metallica’. La band di San Francisco è stata l’argomento delle riunioni di redazione. Tutti attorno a un tavolo, tra caffe, tè, birre scartoffie e poster alle pareti per formulare un fiume di pensieri su questo nuova uscita dei ‘Tallica, attesa da almeno otto anni.
Il video di “ManUNkind” ha segnato una profonda scissione nelle opinioni della redazione:
«Ma voi avete visto il video di “ManUNkind”? Canzone dal nuovo dei Metallica? Sono dei pagliacci».
«Se qualcosa del genere l’avesse fatta Lemmy l’avresti bollata come ‘geniale’!».
«Non bestemmiare, Lemmy non l’ha fatto e non lo avrebbe mai fatto».
«E non lo farà, aggiungo, è morto!», ha chiusa un altro di noi.
“Hardwired…To Self-Destruct” ha dunque vivacizzato le nostre riunioni.
L’ultimo a parlare nel dialogo precedente, se ne viene fuori con un: «Lemmy era un po’ particolare. L’unico artista a ripubblicare lo stesso album dando un nome sempre diverso al disco». Mica il solo. Come non dargli torto, ma la replica è stata: «Appunto, invece questi quattro clown a fare un siparietto imitando Mayhem con attori? Con uno truccato come Dead? In una canzone che non c’entra nulla? Questo non è humor: è mancanza di fantasia. Lemmy, Iron Maiden, AC/DC: decenni di stessa minestra, ma con stile e coerenza».
La coerenza. Un giorno i Metallica decisero di dare una sterzata registrando un album, il “Black Album”, che li ha fatti campare di rendita, edificando così una fama planetaria i cui effetti si vedono ancora oggi con concerti sempre affollati. Quanti di voi pensano che quell’album ha poi avuto un degno successore? I Metallica sono stati capaci di farne un altro? La risposta è che se vinci la lotteria, forse, la vinci una sola volta nella vita!
“Hardwired…To Self-Destruct” presenta, riassumendo le parole di chi si è lamentato di quel video di cui sopra, un drumming invadente. Troppo. È molto pulsante ma troppo alto. Un basso pari a zero. La voce di James che ha perso mordente. Alcuni assoli messi dentro alla ‘come capita’, forzati.
Eppure c’è chi è disposto a dire che alcune canzoni sono carine. Nulla più, ma «con un dettaglio: dopo una serie di album improponibili hanno deciso di fare qualcosa in stile tempi d’oro. C’è molto di “…And Justice for All”, ma stanno solo cercando di tappare buchi: dopo anni un po’ così, ecco alcune canzoni toste». Alla fine il giudizio del collega ‘anti-video’ è: «Grazie, ma gli anni passano, questa roba forse mi impressionava negli anni ’90. Qualche riff fico non riesuma un curriculum artistico usato e sgualcito da ormai troppo tempo».
È un giudizio impietoso, ma in queste riunioni si è detto anche del buono, e lo avete letto, ad esempio un:
«”Dream No More” è una delle canzoni più ispirate che avessero mai composto». Con tutta onestà non si udiva un giudizio così sentito sui Metallica dall’ormai lontano 1991. Erano gli anni del “Black Album”, un lavoro per molti innovativo. Un album che alcuni hanno anche capito, compreso, ma allo stesso tempo non accettato.
I Metallica sono una band che per otto anni ha suonato ma senza avere la necessità di pubblicare un nuovo album (salvo un parto con Lou Reed, dunque una collaborazione) perché passava da tutto esaurito a tutto esaurito, concerto dopo concerto, città dopo città, paese dopo paese. Cosa mai ci si potrebbe aspettare ora dai Metallica? Un’altra pessima copertina, forse la peggiore di sempre!