Serata bella fredda quella che mi accompagna al Revolver di San Donà, un locale che pian piano sta stracciando la concorrenza con date sempre più interessanti. Si comincia con i Veins, aggiunti all’ultimo per un bill davvero dai nomi altisonanti. I Veins dicevamo… I capitolini sono freschi di un album molto più che buono targato 2017. La loro è stata una esibizione davvero ad alti livelli, considerando che dovevano aprire per dei pilastri in quanto ad esibizioni dal vivo. Certe loro tracce sembravano ricordare i Metallica più aggressivi, ma la vena decisamente death e i vari excursus di natura tecnica e melodica hanno creato un giusto equilibrio tra potenza e tranquillità che difficilmente si riconosce in modo così equilibrato specie in gruppi tanto giovani in termini di discografia ma anche anagraficamente parlando.
Giusto il tempo di resettare i valori del mixer ed ecco che entrano in campo gli Exarsis, folli e funambolici greci che fanno dell’old style un verbo. Cazzo, da quanto non vedevo le scarpe da ginnastica a collo alto! No, qui il tempo si è fermato, gli anni ‘80 son tornati di prepotenza. Thrash roccioso e alcolico tremendamente contagioso, con una di quelle vocette in falsetto che non smetti di sorridere e scuotere la testa dalla prima all’ultima traccia. Impossibile non lasciarsi trascinare dal quartetto, i componenti girano letteralmente come trottole impazzite sul palco, con un pubblico che finalmente comincia a scaldarsi sul serio. Davvero una esibizione che ha scaldato il pubblico.
Ecco il primo pezzo da novanta, i Terrorizer. Non vedevo mister Sandoval da quasi una decina di anni. All’epoca era con i Morbid Angel, poi le crisi esistenziali, i bisticci… ma sempre quella voglia di suonare maledettamente bene i piatti. I tecnici gli preparano ad hoc la batteria, lui sale e si concentra per almeno 15 minuti ripassando con movimenti impercettibili i passaggi più impegnativi. Ho sempre ammirato la sua professionalità, un grande musicista. Qui però sale in pista con la creatura Terrorizer, autrice a suo tempo di un’icona del grind tecnico. “World Downfall” è e resta una pietra miliare del death tecnico e della musica estrema in generale. Per me la discografia del gruppo poteva fermarsi qui, poi la ripresa negli anni 2000 ma mai un album che riuscisse a bissare l’esordio. Molte pedine originali del puzzle si sono perse durante gli anni per varie vicissitudini, quindi i Terrorizer di stasera si presentano con la formazione a tre: Sandoval alle pelli, Molina ed Harrison, entrambi ex Monstrosity rispettivamente al basso/voce e alla chitarra.
Si, in tre ma per la miseria che rumore ragazzi! Il minutaggio medio piuttosto esiguo della loro discografia ha permesso al trio di sfoggiare veramente tante tracce, ripartite piuttosto equamente tra le tre uscite ufficiali. Nessuno dei componenti originali mancanti mi è per la verità… mancato, penso che il valore tecnico della formazione odierna, considerato pure il background, fosse davvero molto molto alto. Impressionante comunque come Sandoval riesca a picchiare così pulito e duro con movimenti tanto controllati. Una performance praticamente perfetta, i suoni puliti per davvero e soprattutto un volume molto alto potevano tranquillamente chiudere dignitosamente la giornata già così.
E invece no, visto che il locale ormai pieno accoglie i Nile di Sanders… e cominci a sentirti vecchio pensando durante la lunga intro ‘egiziana’ che ormai il gruppo ha più di venti anni, otto album alle spalle e quelli che all’epoca erano il terzo ed il quarto album che hai visto nascere e che ora sono dei classici assoluti del genere. Ormai son passati un po’ di anni dalla crisi interna alla formazione che ha ridimensionato la band soprattutto con la dipartita del folle Toler-Wade e la formazione odierna può finalmente definirsi stabile. Ormai Kollias ha soppiantato anche gli ultimi ricordi di Laureano e Sanders beh… Dire che è l’anima dei Nile è scontato. Aggiungasi un vero e proprio ricambio generazionale con l’arrivo di Parris al basso e Kingsland alla seconda chitarra, due ragazzi giovani, volenterosi e soprattutto pieni di energia.
A mente fredda ho scoperto che dopo gli Iron Maiden i Nile sono il gruppo che ho visto più volte dal vivo. E l’impressione che mi hanno dato stasera è quella di un gruppo che sta vivendo una seconda giovinezza, un entusiasmo, un affiatamento ed una spensieratezza che raramente ho visto negli statunitensi. Si, per tutto il concerto non hanno fatto altro che prendersi poco sul serio, fino in fondo, sfornando un concerto incentrato sugli album precedenti agli ultimi tre, nonostante il concerto faccia parte della terza parte del “What Should Not Be Unearthed–Europe Part III”. La performance è stata praticamente perfetta, la formazione sempre a tre voci (voci poi… diciamo latrati oscuri) e tecnica da vendere. Kollias fa sempre paura, mentre Sanders sempre di più rende palese l’idea di essere un chitarrista fin troppo sottovalutato. Ormai i suoi suoni e la sua tecnica sono una firma per una discografia davvero vasta, dalla qualità media davvero molto alta. Naturalmente sono le canzoni del terzo e quarto disco, assolutamente sublimi dal vivo. L’atmosfera faraonica riecheggia dal primo all’ultimo brano, un’esibizione che conferma lo stato di grazia ormai perenne del combo.
(Enrico Burzum Pauletto)