Ore 1600. Ore 1:30. Nove ore e mezza di randellate sulla schiena. Mazzate sui denti. Colpi di accetta sul cranio. Nove dannatissime ore di devastante metallo. Nove fottutissime ore di musichette leggere che spaziavano tranquillamente dal thrash vecchia scuola al death metal più feroce, sia esso brutale o ultra tecnico.
Questo è stato il ROCKHARD Festival 5, anno 2014, il mastodontico evento organizzato dall’impeccabile Eagle Booking in una delle migliori venues del nord Italia, il Live Music Club di Trezzo sull’Adda (MI).
Nove ore e mezza di massacro, nove ore e mezza di incessante rituale che ha visto un crescendo costante di presenze tra il pubblico, il quale con devozione e fedeltà ha assistito ad ogni singolo concerto dell’esclusivo bill.
Ed è proprio il pubblico che mi ha colpito maggiormente: come una orda di zombie che annusano la presenza dell’unico essere ancora vivo nei paraggi, sono accorsi, numerosi, con una devastante voglia di far casino, di devastarsi, di massacrarsi. Ed al giorno d’oggi questa è una autentica figata! Si parla di pubblico italiano annoiato e poco partecipe. Si parla di pubblico amorfo. Si parla di crisi, di denaro che non c’è, di tagli al divertimento. Ma non so se è merito della Eagle che ha trovato la formula giusta, se è il Live Club o se tutti hanno l’abbonamento a Rockhard cartaceo… non so nemmeno se è merito del ritorno dei Coroner… ma qui sono stati risvegliati i morti… ho finalmente visto un cazzo di concerto con la gente presente… per vivere il cazzo di concerto!
Gia con gli Endless Pain le cose si mettevano bene. Parcheggio pieno (non so dove hanno parcheggiato quelli che sono arrivati dopo le 16:00 e ho visto gente entrare fino ad almeno le 21!!!!). Nonostante fosse la band di apertura di un simile festival, lungo e massacrante a livello fisico, avevano il loro buon pubblico: ho visto concerti con headliners che avrebbero versato dell’oro per avere il pubblico degli Endless Pain. Ottima performance per i Milanesi che riescono a scaldare il locale con energia e violenza.
Gli Svart Crown li aspettavo. Ricordo con piacere il loro “Profane” che recensii l’anno scorso. Un mix di death e black un po’ diverso, come lo sono tutte le cose Francesi. Il lavoro dei tecnici del suono iniziava ad acquisire precisione e la doppia cassa degli Svart Crown suonava imponente: credevo venisse già il locale. Puro orgasmo!
Seguono gli Hyades… e passiamo al thrash puro. Scatenato. Se gli Svart Crown sono oscuri, gli Italiani Hyades sono uno spasso, una potenza sonora creata per divertire ed esaltare. Si inizia a vedere gente che vola libera sopra ad altra gente. Il pogo non è più una cosa sporadica. E’ costante. La festa è iniziata. Come è giusto che sia… cosa evidenziata dalla fantastica cover dei Beastie Boys, “Fight For Your Right To Party”.
Arriva il momento che aspettavo. Il mio ruolo di inviato a Trezzo era mosso da una ragione principale: intervistare i Monolith Deathcult (missione compiuta prossimamente su queste pagine…). E considerando che erano undici anni che non venivano fin quaggiù dall’Olanda (la band ha dodici anni di storia…), e considerando che adoro la loro musica death ricca di elettronica, di effetti… molto “avantgarde” come loro stesso si definiscono, diciamo che ero li principalmente per loro. Il loro show parte male, malissimo. Non funziona la parte relativa a tastiere ed elettronica. Un problema di cablaggio. Sembra che alla dogana abbiano scollegato tutto (“per cercare droga”). Robin Kok prende tempo e giustifica in modo molto divertente, avvisa di “non fidarsi quando vi dicono che i MacBook non crashano mai”. Ma avendoli incontrati ed intervistati dopo lo show, ed avendoli anche sentiti successivamente il problema vero è stato una interfaccia USB irreparabilmente danneggiata nelle procedure doganali. Tanto che la band ha deciso che poterà nei bagagli a mano ogni possibile strumentazione elettronica nei prossimi voli. Comunque da grandi professionisti hanno suonato un ottimo show, brutale ed essenziale in quanto privo della parte digitale: mi piace pensare che -per il genere che fanno- si è trattato di un concerto “unplugged”. Loro torneranno. Lo hanno promesso. Me lo hanno confermato e la loro agenzia di booking sta già lavorando per far si che accada al più presto. Speriamo al Metalitalia Fest di primavera che la Eagle stessa organizza, il quale sarà proprio al Live Club di Trezzo.
I Vektor sono fantastici. Dall’immagine maledettamente thrash old school, fino al sound feroce e sincero. Non ho ancora capito se il vero spettacolo sono stati loro o il pubblico! Un pubblico unico, che li adorava, il quale ha dato vita ad un pogo interminabile, con una costante ed incessante sequenza di crowd surfing. Sembrava un autodromo! Io ero posizionato davanti ma a lato… e davanti alle transenne continuavano a piovere persone, che uscivano accompagnate dalla security, facevano il giro e tornavano a nuotare sopra il pubblico. FANTASTICO. Una meraviglia. E’ così che deve essere punto e basta. Una lode proprio al personale di sicurezza: nessun problema, prendevano (al volo) i surfers che piovevano da ovunque, li accompagnavano educatamente e li facevano sfilare. In fin dei conti la gente va in quei posti per divertirsi. Bisogna far si che nessuno si faccia male, ma il divertimento deve essere garantito. E con una band come i Vektor non puoi non volare tra la gente. Semplicemente non puoi.
I Deicide li ho visti parzialmente, verso la fine. Durante il loro show ero nel backstage con i Monolith Deathcult. Ma per quel poco che ho visto, Glenn e compagni ci sanno ancora fare: sanno creare un muro di malvagità ed odio, di violenza e furia che oggi si fatica a trovare nelle realtà più giovani. E Glenn continua ad essere quello che non vorresti mai incontrare in un vicolo cieco, di notte… specialmente se sei disarmato. Stupendo!
Ma sono i Coroner la vera attrazione. I locale è pieno. Si fatica a passare anche per andare a prendere una birra. La gente li vuole vedere. La cosa che mi piace è ammirare come una band così simbolica (praticamente rimasta immutata, tranne per il drummer), che ha pubblicato l’ultimo disco ventun anni fa, sia ancora letteralmente amata dal pubblico. Quando usci “Grin” io non mi dilettavo a scrivere, non osavo recensire bands. Non avevo ancora una visione critica. L’esperienza. Ma riascoltare dopo anni pezzi come “Metamorphosis” (proposta in una stupenda medley), vedere la tecnica di Tommy il chitarrista, sentire ancora l’enigmatica voce di Ron, ammirare i cambi di tempo, i riff contorti, la dinamica sonora: questi hanno scritto l’album di DOMANI oltre vent’anni fa. Erano avanti al loro tempo, e lo sono ancora oggi, senza bisogno di scrivere mezzo spartito di roba nuova in più. Spettacolo fenomenale, stupendo, emozionante. Fantastico anche vedere gente giovane ai tempi d’oro della band mescolata a gente giovane… oggi. Tutti assieme, nel mucchio. Nel pogo. Facendo crowd surfing. La prova perfetta che la musica unisce, ispira. Che la musica è vita.
Infine i Bulldozer. Spettacolo celebrativo unico. Questa band italiana, per chi non lo sapesse, nacque quasi trentacinque anni fa. Molta gente presente tra il pubblico non esisteva a quell’epoca. E’ storia del metal Italiano, a cavallo tra il thrash ed il metallo puro. Lo spettacolo è simbolico, unico, speciale, celebrativo… e pertanto AC Wild & co si sono portati dietro una quantità travolgente di ospiti che si sono avvicendati a fianco della band per celebrare questa realtà che rifiuta di mollare, di abbandonare il campo. Per fortuna. Con i Bulldozer in piena forma appare sul palco Mantas dei Venom. No, voglio dire, MANTAS DEI VENOM! Vi rendete conto? Stiamo parlando di una leggenda, di un personaggio che ha fondato una band essenziale, forse la band senza la quale non esisterebbe il black metal come lo conosciamo noi oggi. Grande piacere vedere Flegias dei Necrodeath scatenarsi con i Bulldozer come se fosse la sua band.
Travolgenti le presenze di Steva La Cinghiala (voce dei Deathless Legacy) e della provocante Martyna Smith, performer dei Death SS: Martyna è erotismo infernale, palesemente e deliziosamente offensiva. Il suo provocare è l’origine dell’anticristo, è il peccato originale, è la dannazione assoluta. Perversamente maliziosa, satanicamente disinibita: una creatura posseduta da autentiche forze ultraterrene, demoniache, la quale ha letteralmente sconvolto il palco dei Bulldozer. E per fortuna che loro avevano invitato Steve Sylvester! Uno spettacolo unico. Chiunque se ne sia andato subito dopo i Coroner, pensando che i Bulldozer fossero un aftershow qualsiasi, si è perso una performance intensa di artisti sempre in controtendenza, esperti, ribelli per definizione, puramente anti religiosi. Anacronisticamente fantastici!
Ad un certo punto mi ritrovo in auto. Autoradio spenta. Chiacchiero con “Burzum” il mio fotografo, si parla dello shopping fatto nei nutritissimi banchetti merchandising, libri, vinili, cd. Ci aspettano tre ore di macchina. Lo ringrazio per il lavoro svolto. Specie durante l’intervista ai Monolith “Unplugged” Deathcult. Burzum il fotografo: messo a confronto con un paio di sue bellissime colleghe che ho avuto il privilegio di ammirare oltre la transenna, mi porta a riflettere su molte cose esistenziali, per esempio “per che cazzo io mi porto Burzum e non una fotografa vestita da lap dance come quelle che ho visto la davanti?”. Pensieri profondi da notte fonda, con la strada davanti, dopo una dura giornata lavorativa, straordinari compresi, senza pausa pranzo, trasferta esclusa. Una cazzo di giornata di lavoro fenomenale. Oltre nove ore di massacro, di sfogo, di libertà assoluta. Divertimento esaltante che ha potuto raggiungere livelli superiori grazie all’impeccabile organizzazione dell’evento. Questi eventi sono il massimo. E vanno supportati. Sono eventi ai quali bisogna partecipare. Per vivere la musica. Poi non importa se poghi fino all’ultima nota dei Bulldozer, o se sei un fan dei Coroner e durante il loro show sei talmente ubriaco che dormi appeso ad una transenna. Non importa se hai cercato di star sveglio tutto il giorno, nonostante l’alcol, perché volevi vedere Martyna quasi nuda… e poi risulti essere un morto sui divanetti del bar di sopra, poco prima dell’entrata in scena dei Deicide. E’ il bello della festa. E’ il rock. E’ il festival. E’ l’heavy metal!
…Ho partecipato a decine e decine di concerti nella mia vita. I migliori ricordi che conservo sono di quelli dei quali …non ricordo assolutamente nulla!
(Testo: Luca Zakk)
(Foto: Enrico “Burzum” Pauletto)