La serata comincia proprio bene, infatti sbaglio l’uscita autostradale e mi ritrovo all’altra parte di Strasburgo. Imprecazioni e delusione perché rischio grosso e anzi i primi quindici minuti de L’Accord De Raide me li gioco. È una band ska-punk/rock, uno stile che non mi interessa e invece il mio ritardo è stato un vero peccato: questo esercito di musicisti, sono in otto sul palco, per quanto sembrino i ragazzi della porta accanto, presentano uno stile che implementa molte cose, oltre a rivelarsi acuti, simpatici, capaci. Hanno bene impressionato la platea, giunta alla ‘piccola Laiterie’ per una serata musicale decisamente variegata.
Finito il concerto incontro uno dei due cantanti, Eric. Parliamo e vengo a conoscenza del fatto che i L’Accord De Raide sono proprio della regione di Strasburgo, cioè alsaziani delle parti di Saverne, Marmoutier per la precisione. Dunque a 30 km dalla capitale d’Europa. Tra l’altro il nome credo sia una sorta di gioco di parole, in quanto significa ‘l’accordo teso’ o ‘rigido’, ma pronunciato può suonare anche come l’equivalente di ‘la corda tesa’.
Parliamo della band e di come si sono ritrovati a suonare solo per questa serata con i Russkaja. Chiedo l’EP “’40èmes Rugissants.. 50èmes Hurlants’” e l’album “Funambules”, per i quali Eric non vorrebbe un centesimo, ma non esiste che una band che si autofinanzia (come la combriccola di questo sito) non prenda almeno una birra in cambio. Anzi, avrei voluto bere qualcosa con tutti, ma i tempi erano davvero stretti. A fine serata ho recuperato i due CD autografati da tutta la ciurma. Il loro sound è frizzante, dategli un ascolto.
La Laiterie di Strasburgo consta di una sala principale (dove vi hanno suonato tutti: Lemmy, Slayer, Saxon, Kreator, Cradle Of Filth e così tutto l’universo metal restante) ma di fianco c’è un’altra sala e si chiama La Laiterie Club che appunto sembra proprio quello, un Club. C’è il bar in sala, le transenne del mixer occupano tutto il centro di essa, il palco è grande quanto mezza sala e dunque è un ambiente raccolto. La data era segnata sul calendario da qualche mese anche per un altro motivo: nella stessa sera dei Russkaja nella ‘grande sala’ ci sono in contemporanea i Lacuna Coil. Il fatto di non potermi dividere, l’entusiasmo in redazione per i Russkaja (recensiti QUI e QUI), oltre a un perentorio «vai lì e procurami il vinile di “Peace Love & Russian Roll», mi ha portato a scegliere la ‘piccola sala’.
I Russkaja partono con una intro poderosa di basso, chitarra e batteria, segna l’ingresso a intervalli dei sette. Ecco i fiati e poi un boato accoglie Mia, la violinista, ne segue poi uno ancora più grande: è per Georgij Makazaria. Quest’uomo è carisma, simpatia, gentilezza, entusiasmo, professionalità e ironia. Lui emerge, ha qualcosa che riesce a spuntarla dalla musica che lo avvolge. Georgij Makazaria ha tenuto alto e oltre le sfere celesti, l’entusiasmo della platea numerosa (credo che il 90% della sala cantasse le loro canzoni, a testimonianza di quanto fossero attesi da queelle parti) e con dialoghi continui in francese, in inglese, in russo, in spagnolo e sempre con quell’accento improbabile, con quell’aria da matrioska improvvisata che riesce comunque a farsi capire e a ottenere quello che vuole: il puro trasporto del pubblico. È comunque bello vedere un frontman che oltre a interagire ringrazia di continuo e sentitamente, in questo poi gli altri della band non sono stati da meno.
Russkaja è anche una sezione fiati che fa scintille, che partecipa ai cori e mette il giusto brio alla solida base rock-metal…oops turbo polka, perché è cosi che definisce il proprio sound la band. Un turbo polka dove il basso e chitarra di Miller e Mayr è un base sempre puntuale sia nelle sezioni rock che in quelle folk. I contrappunti del violino di Mia Nova e quelle maledette mazzate che rifila alle pelli Mario Stübler, sono il completamento di uno stile musicale che ha prodotto un concerto magnifico e a tratti sorprendente.
Georgij Makazaria a un certo punto annuncia che “Noi oggi abbiamo creato un collettivo…” e il fatto di trovarci tutti lì, noi e loro, è una buona occasione per dimostrare questo legame e per tanto chiede al pubblico di creare un cerchio e di girare intorno al centro del Club, dove ci sono le transenne che cintano il banco mixer. Come già scritto, quell’affare si prende un bel pezzo di sala e beh, in ogni caso ecco che la musica parte e il pubblico effettivamente se ne va per le sue a girare ballando e con entusiasmo mentre i Russkaja riversano la loro musica su questo improvvisato girone di eccitati. Mai vista una cosa del genere: in fin dei conti il 99% dei presenti erano lì a girare come matti e saltellare di gioia, ballando, cantando… No follia, è il collettivo che ci dà dentro. Il pubblico ha ben goduto della forza di questa musica per tutta la sera.
Alla fine dell’esibizione con altre persone mi intrattengo con Mario Stübler, al quale gli faccio notare che suona davvero forte, pesante. Ha un tocco ‘strong’, ma nonostante tutto ben curato. Stübler in risposta ad alcune domande dei fans, racconta che la band esiste da dieci anni e per quanto concerne le coreografie che inscenano sul palco sono il prodotto di uno sforzo comune.
Incrocio lo Zar Georgij Makazaria, mi presento, gli stringo la mano e da parte sua ottengo la stessa gentilezza e simpatia che ho percepito quando era in azione sulla scena. Riesco a interagire con quasi tutta la band dopo lo spettacolo e in particolare con Mia, con la quale le chiedo le impressioni sulle date italiane, e se ci ritorneranno (sono alla ricerca di qualche agenzia di booking per il nostro paese…capito?), dell’etichetta Napalm Records, ed è tanto gentile da donare alla redazione il loro ultimo album.
(Alberto Vitale)